Il pianto degli amici, l'omaggio di tutti Trento nel ricordo di Antonio Megalizzi

di Valentina Leone

Antonio compagno di scuola e poi di università, Antonio amico fraterno. Antonio collega, compagno di letture, risate, riflessioni. Testimone alle nozze di un amico, vicino di casa gentile e premuroso. Era tutto questo per la comunità di Cristo Re, che da mercoledì mattina all’alba ha affollato la camera ardente allestita in chiesa. Tutti stretti attorno a mamma Annamaria, papà Domenico e la sorella Federica. Prende forma un mosaico di ricordi, di pensieri che ora si rincorrono tra i bigliettini raccolti in due cestini di vimini all’inizio della navata centrale e tra le voci di chi non riesce a trattenere i singhiozzi, degli amici dei Megalizzi, visibilmente commossi e provati.

«”Come stai signora?”. Quella voce ferma e dolce, sveglia, quella semplice domanda che non mancava mai, era il suo modo discreto per chiedermi come stessi reagendo dopo la morte di mio marito. Ridevo perché mi chiamava “signora” ma mi dava del tu, e un giorno mi disse che era un modo di parlare tipico della sua terra d’origine», ricorda Maria Triolo, parrocchiana e amica di famiglia. «Sono rimasta vedova non molto tempo fa e con mio marito abbiamo dovuto affrontare una lunga malattia, ma l’affetto di Antonio e dei suoi genitori non mi è mai mancato. Quando ho saputo che era rimasto coinvolto nell’attentato non ho chiuso occhio, e mi continuava a tornare in mente la sua voce, quel modo di fare premuroso. Sono persone straordinarie i Megalizzi, e non lo dico tanto per dire: sono eccezionali, e hanno fatto un sacco di sacrifici per dare ai figli la possibilità di studiare, di viaggiare. Annamaria ha sempre lavorato, poi si dava da fare qui in chiesa: una donna straordinaria, dedita alla famiglia e attiva nella comunità. Domenico è più riservato, ma è anche lui un uomo buono, gentile. Splendidi, davvero, e Antonio non era da meno».

Due amiche d’infanzia lasciano un bigliettino scritto fitto fitto, tra le lacrime, mentre sedute a uno degli ultimi banchi della chiesa si tenevano abbracciate l’una all’altra. «Preferiamo non dire niente ora, non ce la sentiamo», ci dicono mentre vanno via. Poi una di loro torna indietro, ci ripensa: «Lo stanno ripetendo in tanti, e forse sembrerà ridondante, ma era una persona meravigliosa, splendida. Questo sì, per favore, scrivetelo, perché era davvero così».

Passando per via di Centa la professoressa Chiara Turrini ha avuto un tuffo al cuore: «C’era la sua auto parcheggiata, e sul sedile ho intravisto il microfono che usava a Radio 80. Mi sembra tutto così irreale, incredibile. Come si può spiegare un dramma del genere?». Mamma di Stefania Scartezzini, speaker dell’emittente con la quale Antonio collaborava, docente del liceo Rosmini, lo ha visto crescere, prima come alunno della sua scuola e poi come collega e amico della figlia: «Brillante, capace, simpatico: Antonio era bello dentro e fuori. Perché aveva entusiasmo, passione per la vita, e tutte queste qualità te le trasmetteva. Non l’ho avuto come alunno ma lo incrociavo spesso tra le aule e so che già al liceo si era fatto notare per questo suo essere arguto, intelligente. Tempo fa avevo letto per caso un suo scritto: un altro livello, parole di chi è un gradino sopra gli altri. Poi con mia figlia Stefania hanno condiviso tantissimi momenti: li ricordo seduti sul prato di casa mia, a leggere l’uno gli scritti dell’altro, a darsi dei consigli. Erano molto affini nella dialettica, e una cosa che mi ha sempre colpito è che non solo si stimavano, ma erano proprio felici di essersi incontrati. E poi tutti i pensieri per lui che ho letto in queste ore mi sono sembrati un po’ un omaggio alla sua grandissima generosità».

Claudia Furlani esce veloce dalla chiesa stretta sottobraccio a suo figlio. Non ha conosciuto direttamente Antonio, «ma invece ho avuto modo di entrare in contatto con la grande dolcezza di sua mamma Annamaria, che ha seguito nel catechismo uno dei miei ragazzi. Sono rimasta impressionata, perché penso ai miei figli, che vogliono viaggiare, conoscere il mondo, e la tragedia di Antonio ti fa pensare che una cosa del genere possa accadere a chiunque, perfino a una persona vicinissima a te». «Abbiamo tutti un po’ più paura ora, quello che è successo ad Antonio ci ha scossi moltissimo», aggiunge il figlio.
«Avrei tanti pensieri in testa, ma in questo momento rischierei di mettere in fila solo banalità. Di questa famiglia, di Antonio, si può solo dire tutto il bene possibile», commenta con voce tremante un’anziana parrocchiana vicina ai Megalizzi, una delle signore che per prime hanno accolto mamma Annamaria e Federica, giunte nella prima mattinata in chiesa, con un lunghissimo ed intenso abbraccio. Fatica a trattenere la commozione anche Amelia Patton, vicina di casa: «Antonio lo ricordo da piccolo, poi lo avevo incrociato altre volte: era solare, sempre sorridente. Sua mamma? Una signora dolcissima, eccezionale. La conosco di vista ma qui in parrocchia potrà solo sentire elogi su di lei».

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