Il Muse ormai è un modello nel mondo: dalla Turchia per studiarlo ed «ispirarsi»

Il Muse non smette di stupire e di farsi ambasciatore nel mondo, con le sue eccellenze, di Trento e del Trentino.
A poche settimane dalla pubblicazione della classifica del quotidiano spagnolo El Pais, che ha segnalato la realtà trentina come uno dei musei di scienza da visitare in tutto il mondo, secondo solamente al National Air and Space Museum di Washington, un’altra attestazione di stima è arrivata dalla Turchia: nei giorni scorsi una delegazione della Atatürk University di Erzurum, guidata dal rettore Ömer Çomakli ha visitato il museo del capoluogo nell’ambito dei lavori di progettazione di un polo museale e di ricerca scientifica da realizzare nella città dell’Anatolia orientale. Si tratta dela seconda univeristà turca per importanza e conta poco meno di 100mila studenti.

«Quello che ci riempie di orgoglio - spiega il direttore Michele Lanzinger - è che la delegazione è arrivata qui dopo essere andata a Londra e a Madrid. Tanto nel Regno Unito che in Spagna, hanno detto loro, in sostanza “se volete realizzare una cosa del genere, andate a Trento a vedere il Muse”. E lo hanno fatto davvero: senza dirci nulla già nei mesi scorsi alcuni loro esperti sono stati qui tanto che sono tornati, in questi giorni, già con una bozza di accordo da sottoporci, per chiederci di fornire loro sostegno nella progettazione della struttura, ma anche per quel che riguarda la ricerca scientifica e la formazione del personale».

Insomma, se ormai il fatto che il Muse piaccia ai visitatori non fa neanche più notizia, la novità è che in appena cinque anni di vita la realtà trentina è già diventata un «benchmark» nell’ambito scientifico-museale globale, un parametro di riferimento a cui guardare. «Per noi la soddisfazione è doppia, perché tanto nel caso della classifica del Pais che in questa circostanza, si tratta di attestati di stima indipendenti: nel caso del quotidiano spagnolo nessuno di noi è andato a dire “veniteci a vedere” né qualcuno tra coloro che ha stilato la graduatoria ci ha contattato. Saranno venuti in incognito, come fanno i critici per giudicare i ristoranti. E nel caso degli accademici turchi, sono state altre realtà d’eccellenza a indicare loro di venirci a contattare. Insomma, non è marketing, è tutta questione di merito».

Un Muse sempre più «gigante» internazionale dunque, non solo come modello da imitare ma anche come eccellenza da esibire: nelle settimane scorse Michele Lanzinger è stato in India, all’India - Italy Technology Summit dove il museo ha collaborato assieme a Fondazione Idis-Città della Scienza, Museo Galileo e Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci all’allestimento della mostra «La bellezza della conoscenza». Sempre recentemente è stato sottoscritto un accordo che coinvolge Muse, Museo Archeologico Nazionale di Napoli e Museo Egizio di Torino per rappresentare le eccellenze storico-scientifiche e culturali italiane.

«Ma non dobbiamo dimenticare il lavoro che facciamo anche con le realtà locali, mettendo a disposizione i nostri ricercatori e le nostre strutture anche delle amministrazioni locali, ad esempio per la realizzazione e valorizzazione di centri visitatori di strutture in Trentino, penso alle ultime che hanno coinvolto Brentonico o Pellizzano. Siamo una realtà aperta al mondo ma sempre attenta alle nostre radici, fedeli al motto think global, act local. Siamo una realtà che non può prescindere dal proprio territorio e che cerca in tutti i modi di massimizzare le ricadute locali tanto a livello di ricerca scientifica che di occupazione e ritorno economico, sia dal punto di vista delle entrate che del peso quanto più possibile contenuto sulle casse pubbliche: non dimentichiamo che il Muse è in grado di autofinanziarsi per il 47-48%».

Il Muse viaggia dunque per il mondo, ma il suo segreto è quello di portare il mondo a Trento, con i suoi tanti visitatori: «Stiamo riuscendo a mantenerci costanti sul mezzo milione di visitatori all’anno, tra nuovi ingressi e ospiti che tornano. Proprio questo credo sia uno dei nostri segreti: la capacità di saperci sempre rinnovare. Abbiamo le nostre collezioni permanenti, che sono importanti, ma le novità non mancano mai, sempre nel segno anche della sostenibilità: fin dalla nostra nascita abbiamo voluto incarnare, riuscendo in alcuni casi anche ad anticiparle, quelle che sono le linee guida degli attuali musei scientifici, che mostrano non solo da dove veniamo, cosa abbiamo alle spalle, ma anche a cosa andremo incontro con i nostri comportamenti e come vivere affinché uomo e ambiente possano garantirsi il proprio futuro».

Proprio in tema di sostenibilità, sabato scorso è arrivato per il Muse l’ennesimo riconoscimento: il premio Aica (Associazione internazionale per la comunicazione ambientale) per la mostra «Ghiacciai. Il futuro dei ghiacci perenni nelle nostre mani» curata da Christian Casarotto. Una delle tante proposte che costantemente affiancano l’offerta stabile del Muse. «Chi viene e torna qui sa che troverà sempre i dinosauri o l’orso, ma sa anche che troverà sempre qualcosa di nuovo. Un mix vincente: la gente ci premia così come fa con un ristorante che ama perché sa di poterci trovare i piatti forti ma anche di poter gustare novità».

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