L'Apss e la telemedicina: kit pagati e mai usati

di Sergio Damiani

Doveva essere la nuova frontiera della medicina, anzi della telemedicina: valigette ad alta tecnologia per monitorare a distanza pazienti cronici affetti da diabete o da patologie cardiorespiratorie. Peccato che quei «gioielli tecnologici», pagati con denaro del contribuente, in gran parte siano finiti a prendere polvere in un magazzino dell’Azienda sanitaria a Lavis.

Il progetto pilota di telemedicina avviato in val di Sole è, di fatto, naufragato. I kit forniti dalla società trentina Telemedika dopo anni di abbandono sono stati rispolverati dai carabinieri del Nas su delega del procuratore regionale della Corte dei Conti Marcovalerio Pozzato. Il pm contabile contesta a 5 dipendenti dell’Azienda sanitaria, tra  funzionari e dirigenti, un danno erariale di 165.324 euro, cioè quanto speso per l’acquisto delle apparecchiature. Risorse preziose che secondo l’accusa sarebbero state sostanzialmente sprecate per finanziare un progetto volutamente sovradimensionato. Una vicenda, secondo la procura, ai limiti del disprezzo del pubblico denaro.

Era stato il nostro giornale, il 10 gennaio scorso, a raccontare il fallimento di un progetto sulla carta ad alto contenuto innovativo. L’«Adige» citava anche le cifre: dei 100 kit acquistati  64 «giacciono in un magazzino della stessa Apss, ancora nella scatola originaria. Nuovi di zecca, e oggi di fatto inutizzabili».
L’inchiesta giornalistica non sfuggì alla procura contabile. Il pm Pozzato incaricò il Nas di ricostruire tutti i passaggi della complessa vicenda amministrativa.

L’obiettivo era sperimentare, in una provincia dall’orografia tormentata, la telemedicina: i kit, valigette «made in Germany» con strumentazione sanitaria e informatica, venivano forniti in comodato gratuito a pazienti cronici, residenti in val di Sole, seguiti dall’ospedale di Cles. I dati sanitari raccolti (come la glicemia e altri) dovevano essere inviati telematicamente ad una centrale operativa che così poteva monitorare i pazienti sul territorio.

Sin dai primi passi, però, il progetto ebbe uno sviluppo  sorprendente. Nell’autunno del 2012 l’Azienda sanitaria invitò 5 aziende del settore a fare un’offerta per la fornitura di 100 kit. Il termine per presentare le offerte in un primo momento venne fissato alle 12 del 5 novembre. Il giorno dopo chiese di poter fare un’offerta Telemedika srl, un’azienda trentina nata solo un mese prima. La domanda venne accolta, i termini furono riaperti e Telemedika sbaragliò la concorrenza ottenendo il punteggio più alto. Ma non sono le stranezze di quella procedura oggetto delle indagini della Corte dei conti. Il presunto danno erariale è successivo, relativo al mancato utilizzo di gran parte dei kit.

Il materiale medico, costato 138 mila euro più iva, venne consegnato all’Azienda sanitaria che inserì i kit nel suo libro cespiti. Secondo l’accusa, 64 kit non vennero mai neppure aperti. Non c’erano disponibili abbastanza pazienti cronici da monitorare e questo secondo l’accusa dimostra che la fornitura venne fortemente sovradimensionata. Ma anche i kit entrati in funzione non diedero i risultati  programmati: sorsero problemi di comunicazione, il sistema di telemedicina non sarebbe mai stato implementato come da programmi iniziali. Per dirlo in termini non medici, si trattò di un «flop». Non a caso gran parte delle valigette finì a impolverarsi in un magazzino.

Nei giorni scorsi il procuratore Pozzato ha inviato cinque inviti a dedurre ad altrettanti funzionari e dirigenti dell’Azienda sanitaria contestando un danno complessivo di 165.324 euro. Naturalmente in questa fase le accuse sono ancora tutte da dimostrate. I cinque dipendenti, se lo vorranno, potranno replicare alle accuse. In questa fase è possibile che qualche posizione possa uscire dall’inchiesta, qualche altra potrebbe entrare. Intanto Telemedika (soggetto privato estraneo a contestazioni in  questo procedimento contabile) è fallita: il 60% delle quote era di Keynet, il 40% faceva capo alla Webbs srl.

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