Figlio viene arrestato, la madre nega l'aiuto

Non lo vuole in casa per i guai con la droga

di Marica Viganò

La mamma a casa non lo vuole più: quel figlio che fatica ad integrarsi e che passa le giornate al parco con cattive compagnie non è di buon esempio per i suoi fratelli, porta a casa «soldi sporchi» e non merita di vivere con la famiglia. Ci sono voluti ben due tentativi al telefono - prima l'avvocato, poi lo stesso ragazzo con il benestare del giudice - per convincere la donna ad accoglierlo per un mese: l'alternativa sarebbe stata la detenzione in carcere. 
Alla fine dell'udienza il diciannovenne arrestato ha tirato un sospiro di sollievo, ha lasciato il tribunale di Trento e, dopo gli ultimi adempimenti in caserma, si è avviato verso l'appartamento in cui abitano la mamma, la sorella ed i fratelli, in città. 

Il ragazzo, nato in Marocco, vive da tempo in Italia con la famiglia. Disobbediente e ribelle, in passato è finito più volte nei guai, non per semplici «marachelle» ma per spaccio. I suoi punti di riferimento sono i parchi cittadini: ed è proprio in un'area verde - il parco Santa Chiara - che è stato fermato per un controllo nel tardo pomeriggio di venerdì dai carabinieri del radiomobile. Il giovane è stato fermato assieme a due ventenni tunisini. Erano le 19. Nel corso del controllo sono stati sequestrati oltre 130 grammi di hashish e cocaina oltre a diverse decine di euro, probabile provento di spaccio. L'attività al parco, come evidenziano i carabinieri, rientra in un piano più vasto di verifiche «nei punti strategici cittadini con specifici servizi antidroga».

I due amici tunisini sono stati denunciati, mentre per il diciannovenne marocchino è scattato l'arresto. Dopo una notte trascorsa nella camera di sicurezza, il giovane è comparso ieri mattina davanti al giudice Greta Mancini per la direttissima. L'udienza, durata un'ora e mezza, si è protratta per la mancanza iniziale di un accordo sul domicilio dell'imputato. La richiesta dell'avvocato Andrea Antolini della messa alla prova comportava infatti il rinvio dell'udienza a settembre e, nel frattempo, l'obbligo di dimora del giovane presso un determinato domicilio. Ad esempio a casa della mamma. Ma la donna, contattata dall'avvocato, ha risposto di non avere intenzione di ospitare il figlio. Non è stata invece presa in considerazione la proposta del giovane di dormire a casa di un non ben precisato amico. 

L'alternativa, a quel punto, rimaneva il carcere: un mese in cella in attesa dell'udienza di settembre. Ma la detenzione è sembrata una misura troppo pesante nel contesto dell'attesa per la messa alla prova. L'imputato ha chiesto di poter parlare lui direttamente con la mamma, per tentare di convincerla. Il giudice ha acconsentito. La telefonata è avvenuta in aula alla presenza di un interprete, che poi in lingua araba ha spiegato alla signora ciò che stava succedendo. Il «cuore di mamma» alla fine ha prevalso e la donna ha acconsentito alla richiesta: ospiterà il figlio, ma solo per un mese in attesa dell'udienza. 

Il ragazzo, come evidenziato dal giudice, ha orari ben precisi da rispettare: non è agli arresti domiciliari ma ha l'obbligo di dimora presso l'abitazione familiare, con divieto di lasciare l'appartamento dalle 20 alle 7 del mattino. Al termine dell'udienza, l'avvocato Antolini ha ribadito al giovane i vincoli da rispettare evidenziando che ha sì la possibilità di uscire e di andare a farsi un giro durante il giorno, ma che deve rincasare entro le 8 di sera. Gli ha pure ricordato di non farsi vedere nei parchi pubblici, ad esempio in piazza Dante o al parco Santa Chiara, con il rischio di finire nuovamente in mezzo a compagnie sbagliate.

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