Sei docenti universitari nel mirino della finanza

Ci sono anche 6 docenti dell’Università di Trento tra i 411 professori universitari finiti nel mirino della Guardia di finanza perché sospettati di fare il «doppio lavoro». L’ipotesi - in questa fase ancora tutta da verificare - è che i docenti pur impegnati a tempo pieno per l’ateneo, svolgessero anche attività lavorativa in libera professione senza la necessaria autorizzazione. Qualora i sospetti dovessero essere confermati, i prof rischiano di dover risarcire all’erario importi considerevoli. Complessivamente i danni erariali contestati a livello nazionale sono pari a 42 milioni di euro già richiesti a 172 professori. Alla luce di questi primi risultati, ora in giudizio davanti alla Corte dei conti, le indagini sono state ampliate a tutte le regioni italiane con attenzione particolare dedicata alle facoltà di ingegneria e ora anche di economia e giurisprudenza.

In fase preliminare gli accertamenti sono stati condotti dal Nucleo speciale spesa pubblica delle Fiamme Gialle di Roma. Incrociando le informazioni raccolte presso le università con altre banche dati sono stati individuati i 411 docenti - e tra questi 6 trentini - le cui posizioni sono da verificare. Ora il lavoro dovrà essere approfondito caso per caso in quasi tutte le regioni italiane. «Il record del doppio lavoro - scrive il Corriere della Sera - spetta alla Lombardia con 60 casi, seguita da Campania con 49 e Lazio con 38».

«L’elenco dei docenti da controllare - prosegue il Corriere - è stato compilato dopo una serie di verifiche effettuate grazie al controllo delle partite iva, ma soprattutto delle ore effettivamente garantite all’insegnamento e soprattutto a quelle attività necessarie per gli studenti come i corsi di formazione, la ricerca e l’aggiornamento scientifico, l’orientamento, il tutoriato e la verifica dell’apprendimento. Compiti che i professori hanno invece eluso proprio per dedicarsi al secondo lavoro».
In passato i casi clamorosi non mancano: ad un docente di ingegneria presso l’Università di Genova la procura della Corte dei conti ha chiesto un mese fa un risarcimento per danni erariali di circa 2 milioni e mezzo di euro perché nel corso della sua carriera ventennale avrebbe accettato numerosi incarichi privati senza mai chiedere l’autorizzazione all’ateneo.

E i sei professori trentini? Per ora la Guardia di finanza non ha mosso loro contestazioni formali. L’Università è in attesa che vengano conclusi gli accertamenti: «Mi pare improprio parlare di doppio lavoro - replica il rettore Paolo Collini - per quanto ne so io si tratterebbe di qualche ipotesi di attività lavorativa extrauniversitaria senza autorizzazione». La materia è regolata da norme nazionali e dai regolamenti delle singole università, tra cui anche Trento: «Ci sono attività di consulenza occasionale - spiega Collini - che non prevedono l’autorizzazione da parte dell’ateneo; altre attività invece sì. In tal caso il direttore della struttura di appartenenza deve valutare che l’impegno lavorativo per cui si chiede l’autorizzazione non sia di ostacolo alle attività di docenza e di ricerca».

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