Acquedotti trentini, perdite al 29% E la portata del fiume Adige -30%

In provincia la spesa annua necessaria per mantenere gli acquedotti e la rete distributiva efficienti è pari a 75 milioni di euro.

Per i 50 milioni di metri cubi di acqua consumati annualmente in Trentino, cittadini e imprese pagano circa 65 milioni di euro (comprensivi anche dei costi di depurazione), pari a una media di 1,3 euro a metro cubo (1,3 millesimi al litro). Solo l’1% viene bevuto mentre il resto è destinato a usi domestici e collettivi. Sono alcuni dei dati che la Provincia, tramite l’Aprie (Agenzia per le risorse idriche e l’energia) ha diffuso, ieri, in occasione della giornata mondiale dell’acqua. Per l’occasione è stato realizzato anche un grafico dal titolo «acqua trasparente» appeso sull’esterno della sede dell’Aprie in piazza Fiera.

Intanto, anche l’Istat ha fotografato la situazione dell’acqua nelle varie regioni italiane. Per quanto riguarda la perdita di acqua degli acquedotti in provincia la percentuale che se ne va è pari al 29% contro una media italiana del 38% circa. Trento comune capoluogo fa meglio con il 22% di perdite reali.

La nostra, assieme alla Valle d’Aosta, risulta la regione più virtuosa, con il 23,8% dei comuni interessati da perdite basse, contro il 31% circa degli aostani.

Ma l’Istat evidenzia anche come il 2017 sia stato l’anno della «crisi idrica», nei quattro principali bacini idrografici italiani (Po, Adige, Arno e Tevere), nei quali le portate medie annue hanno registrato una riduzione media complessiva del 39,6% rispetto alla media del trentennio 1981-2010.

Sul bacino dell’Adige, in particolare, alla stazione di Boara Pisani nel Padovano, le portate sono diminuite mediamente di un terzo (-33,2%), registrando decrementi in tutti i mesi dell’anno, ad eccezione di agosto e settembre (+0,6% e +14,8%), e passando, rispettivamente, da 428 milioni di metri cubi nel trentennio considerato a 430 milioni di metri cubi nel 2017 e da 443 milioni di metri cubi a 509 milioni di metri cubi. A partire dal mese di maggio il valore dell’indice standard di precipitazioni (che misura l’andamento delle piogge) è risultato sempre «estremamente secco».

A livello provinciale, in ogni caso, quest’anno le nevicate che ci sono state sembrano aver reso meno problematica la situazione per i prossimi mesi primaverili e estivi. Anche se gli esperti spiegano che un periodo di estrema calura estiva potrebbe provocare qualche problema rispetto alla situazione idrica, in primo luogo per l’agricoltura intensiva di pianura, in Veneto, che pesca molto dall’Adige per irrigare le coltivazioni della regione.

Sul fronte della qualità dell’acqua che si beve in Trentino, in ogni caso, annualmente, spiega la Provincia, sono 5.000 i controlli effettuati, mentre ormai i dati sono stati fotografati in maniera molto dettagliata su tutto il territorio. «Ogni Comune negli ultimi anni, tramite la stesura del fascicolo integrato di acquedotto, ha svolto un’approfondita “radiografia” del proprio sistema idrico, mettendo in luce i punti di forza e di debolezza, seguendo le procedure analitiche predisposte da Aprie e facendo confluire tutti i dati nel sistema informativo provinciale Sir (Servizi idrici in rete)» spiega la Provincia. Che sottolinea come i dati «serviranno a conoscere metro per metro i nostri acquedotti e le loro perdite e a intervenire per ridurle» evidenzia Fabio Berlanda direttore dell’Aprie.

Tra gli aspetti critici da migliorare, secondo molti, c’è quello dei canoni per la concessione delle fonti di acqua minerale. La Provincia incassa in media 19.000 euro annui dalle tre società più importanti, che diventano però 100.000 circa se si considerano anche gli incassi dei Comuni.

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