Batterio nel latte, bimbo ancora in cura Ora l'interrogazione in consiglio provinciale

Il piccolo era stato male otto mesi fa, dopo aver mangiato un formaggio prodotto con latte crudo. Ora Degasperi (5Stelle) chiede che il nome del caseificio che ha violato le norme sia reso noto

Sono trascorsi otto mesi, ma il bambino che lo scorso giugno era stato male dopo avere mangiato formaggio prodotto con latte crudo, è ancora sottoposto a cure mediche. Il malessere era stato causato dall’escherichia coli, un batterio contenuto proprio nel latte crudo, che produce vari tipi di tossine.

Dopo gli accertamenti dell’Azienda sanitaria e quelli dei carabinieri del Nas, a fine anno, era scattata la denuncia nei confronti del legale rappresentante e del responsabile della sicurezza del caseificio che lo aveva prodotto per non avere ottemperato alle verifiche che erano state disposte dall’Azienda sanitaria dopo la vicenda del piccolo «intossicato» e per la violazione dell’articolo 5, lettera C, della legge 283 del 1962 che disciplina produzione e vendita delle sostanze alimentari e delle bevande. Inoltre i militari avevano sequestrato il lotto di formaggi - circa 25 forme - di cui faceva parte quello mangiato dal bambino.
La vicenda, adesso, approda anche in consiglio provinciale.

Il consigliere del Movimento 5 Stelle, Filippo Degasperi, ha infatti presentato un’interrogazione, chiedendo di avere una fotografia epidemiologia relativa all’escherichia coli e alla sindrome emolitico uremica, ma anche per capire quale sia il caseificio coinvolto.

L’interrogazione, a risposta scritta, è stata depositata il 9 gennaio scorso e prende spunto proprio dalla notizia pubblicata sulla stampa «di un bambino ricoverato in ospedale per un malore con nausea e diarrea. Ciò determinava - scrive Degasperi - la denuncia di due persone e il sequestro di una ventina di forme di formaggio a base di latte crudo presso un caseificio, attenzionato prima dall’Apss e poi dai Nas. Si scopriva - prosegue - che il caseificio di cui sopra faceva uso di latte “avariato” da un batterio e che il bambino aveva contratto l’escherichia coli a causa del formaggio di latte crudo mangiato poche ore prima».

A questo punto Degasperi evidenzia però che «non si conoscono né i nomi dei responsabili denunciati né il nome del caseificio coinvolto. Non è dato sapere nemmeno se vi siano stati altri casi che hanno colpito bambini (fatto gravissimo). Si tratta di malattie rare che, una volta contratte, producono danni irreparabili».
Da qui la richiesta al presidente della Provincia di conoscere il nome del caseificio coinvolto; le iniziative adottate dalla Provincia, anche tramite i suoi enti e con quale esito e quanti casi di «sindrome emolitico uremica» e di escherichia coli sono stati registrati in Trentino nello scorso anno e nel precedente triennio 2014-2016, indicando quali sono le fasce d’età coinvolte.

Il piccolo, come detto, era stato male lo scorso giugno, dopo avere mangiato del formaggio e sull’episodio si erano accesi prima i fari dell’Azienda sanitaria e poi quelli della magistratura. Dopo il ricovero del bambino, infatti, era partita la segnalazione al Ministero, che aveva inviato gli ispettori dell’Unità operativa di igiene e sanità pubblica della zona. Al termine dell’ispezione erano state date al caseificio alcune prescrizioni, con l’obiettivo di appurare da dove potesse provenire l’infezione. La commercializzazione del formaggio, però, sarebbe proseguita senza ulteriori accertamenti.
La procura, a quel punto, lo scorso autunno, aveva incaricato i carabinieri del Nas di procedere con una perquisizione presso il caseificio, che aveva poi portato alle due denunce e al sequestro delle forme. All’inchiesta penale si aggiunge ora anche l’interrogazione.


In attesa di conoscere i dati che saranno forniti da piazza Dante, si può già dire che quello successo in giugno non fu un caso isolato, visto che in settembre, dal Concast, il consorzio dei caseifici sociali, era partita anche una missiva diretta ai caseifici per spiegare che in regione si erano verificati alcuni casi di infezione causata da ceppi di escherichia coli, batteri che avevano causato sintomi anche gravi in alcuni soggetti. Da qui l’invito, fatto a titolo precauzionale, affinché venissero osservate alcune prescrizioni.

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