Università di Trento e numero chiuso «Test di ammissione in quarta superiore» La "linea" dell'assessore Sara Ferrari

«Cerco di essere realista, concreta e oggettiva: il numero chiuso oggi ci permette di tenere alta la qualità. Non voglio mettermi contro gli studenti, che peraltro non mi sembrano particolarmente allarmati dalla questione, ma devono pensare che se hanno alloggi, mense, servizi, trasporti, oltre a docenti, aule e laboratori, al top in Italia è anche grazie ai numeri che permettono la sostenibilità».

L’assessore Sara Ferrari è chiara e non gira intorno al problema. Ha ovviamente letto della sentenza del Tar del Lazio, che ha bocciato il numero chiuso alle facoltà umanistiche dell’Università di Milano e cerca di analizzare concretamente cosa ha comportato il numero chiuso a Trento e cosa comporterebbe un eventuale apertura totale delle varie facoltà.

«Grazie al test non siamo vittime delle domande e possiamo organizzare ex ante sia gli spazi sia i docenti, non rimanendo spiazzati come nel caso si iscrivessero nello stesso corso 500 studenti in più.

Oggi siamo tra gli atenei con più ragazzi che terminano con la laurea il proprio percorso e questo è probabilmente uno degli effetti della selezione in entrata. Un conto è quello che sarebbe bello e un conto è quello che è fattibile e sostenibile: Trento è Trento, abbiamo già tante facoltà e una popolazione universitaria di 15 mila persone con ogni anno più di 3 mila matricole. E poi i non ammessi al test sono relativamente pochi, forse qualche centinaio».

Studenti, quelli non ammessi, che spesso non rinunciano all’università, ma semplicemente si distribuiscono di più sul territorio nazionale e creano maggiore mobilità. I test di ammissione, quindi, hanno un ruolo di orientamento e non superarli può anche far capire allo studente che quella scelta magari non è la sua strada. In tal senso Sara Ferrari rilancia la proposta di farli un anno prima, ovvero in quarta superiore.

«Ci stiamo ragionando da un anno con le varie parti in causa. Personalmente sposo l’idea: fare l’esame già in quarta può essere d’aiuto per lo studente per capire cosa vuole, cosa sa e quanto è preparato. Inoltre non è costretto ad affrontarlo in prossimità della maturità e quindi può essere molto più sereno.

Le parti in causa sono piuttosto concordi con l’idea di anticipare, che in qualche parte d’Italia è già realtà, ma resta un dubbio: se il test non è solo orientativo ma vale veramente, il rischio è che lo studente possa “adagiarsi sugli allori” in alcune materie nell’anno della maturità. Per fare un esempio, se supera il test per Biologia potrebbe “smettere” di studiare latino visto che lascerà quella materia. La soluzione per questo problema sarebbe quella di un test orientativo ma non vincolante».

Un esame in quarta superiore potrebbe essere molto utile anche per gli stessi insegnanti delle superiori, in una sorta di valutazione del loro operato: se in quarta dieci studenti su dieci fossero bocciati nel test per biologia, probabilmente il o la prof di quella materia l’anno successivo dovrebbe «pigiare sull’acceleratore» per far recuperare i propri ragazzi.

E anche loro magari capirebbero che la biologia non è propriamente il loro campo. Tornando al test, l’assessore scuote la testa quando si parla di numero chiuso in base alle opportunità occupazionali.

«Da una parte c’è una logica, ma dall’altra vediamo che questa operazione ha generato una mancanza di medici, mentre un tempo ce n’erano troppi. Oggi il mercato del lavoro è volubile e internazionale, quindi è difficile fare questi ragionamenti. A Trento, ad esempio, alcuni rami di Ingegneria hanno un tasso di occupazione post laurea vicino al 100%, ma domani sarà ancora così o subentreranno altre variabili?».

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