Omicidio stradale per due per la morte di Cappelletti

di Sergio Damiani

Secondo la procura di Trento per la morte del dottor Fabio Cappelletti, vittima di un «doppio» incidente stradale accaduto la sera del 24 ottobre 2016 a San Michele all’Adige, ci sono due responsabili. I pm Marco Gallina e Licia Scagliarini hanno inviato ai due indagati l’avviso di conclusione delle indagini, una sorta di anticamera della richiesta di rinvio a giudizio.

L’accusa ipotizzata a carico di Luca Giuliani, 42 anni di Mezzocorona (ancora agli arresti domiciliari), e di un 48enne autista di San Michele, è omicidio stradale. Secondo i pm le condotte dei due automobilisti sono indipendenti, ma allo stesso tempo legate da un concorso di causa che portò alla morte di Cappelletti. Il decesso infatti sarebbe da attribuire al «doppio» investimento del ciclista: il primo, non mortale, da parte della Fiat Punto di Giuliani che proiettò la vittima sull’altra carreggiata dove Cappelletti venne investito, riportando lesioni letali, dall’Audi A3 proveniente da Trento.

Le indagini di Squadra mobile e Polizia stradale e gli accertamenti medico-legali hanno chiarito la dinamica di un incidente dalle complesse implicazioni giuridiche, penali ma anche civili. Naturalmente la ricostruzione fatta dalla procura potrà essere contestata dai difensori dei due indagati che possono nominare propri consulenti tecnici. Il 48enne è difeso dagli avvocati Maria a Beccara e Andrea de Bertolini, Giuliani dall’avvocato Alessio Dalle Carbonare dello studio Antolini.

La tragedia - che toccò nel profondo tutta la Rotaliana dove il medico era molto stimato - si consumò alle porte di San Michele in una notte piovosa, lungo la statale del Brennero. Erano quasi le 19: il dottor Cappelletti aveva appena concluso una lunga giornata di lavoro. Come di consueto, aveva inforcato la sua bicicletta pedalando verso casa. Superato il ponte ciclopedonale sul’Adige, stava per attraversare la statale all’altezza del mobilificio Lochner.

Le indagini, per quanto approfondite, non sono riuscite a chiarire con certezza un dettaglio: Capelletti, all’atto di attraversare, era in sella oppure spingeva la bici a piedi? La risposta è rilevante nell’ipotesi di un eventuale concorso di colpa da parte della vittima perché il ciclista ha obblighi diversi rispetto al pedone. Ciò non basterebbe comunque ad escludere la responsabilità degli automobilisti, ma potrebbe invece rilevare in termini di quantificazione della pena e di risarcimento del danno.

Comunque sia, la Fiat Punto, che viaggiava in direzione sud con limite di 50 km orari, condotta da Giuliani investì il medico e lo scaraventò sull’altra corsia di marcia. Il conducente non si fermò. Giuliani, a cui era stata revocata la patente e non era assicurato, si dileguò nella notte senza curarsi dell’uomo abbandonato ferito nel mezzo di una strada trafficata.

Ma, grazie ai frammenti di vernice trovati sul posto, la polizia pochi giorni dopo arrivò ad individuare ed arrestare il «pirata». Questo comportamento, ignobile, ora si traduce per il solo Giuliani anche nell’aggravante dell’ omissione di soccorso.

Purtroppo nell’altro senso di marcia, cioè in direzione nord con limite 70 km orari, arrivava l’ Audi A3. Il conducente all’improvviso si trovò davanti il corpo del medico, a terra forse svenuto ma ancora vivo. L’automobilista non riuscì ad evitare l’investimento, anzi secondo la difesa non poteva fare nulla per evitare il corpo. Il povero Cappelletti finì sotto le ruote dell’auto.

Secondo il medico legale della procura questo secondo impatto fu mortale: la ferita letale al cranio sarebbe stata provocata da una boccola dell’ammortizzatore. Il conducente dell’Audi  viaggiava a velocità non elevata, tuttavia per l’accusa non adeguata allo stato dei luoghi poiché era buio e pioveva.

Secondo la procura le condotte dei due indagati sono diverse (non solo perché Giuliani fuggì mentre l’altro automobilista si fermò), ma legate tra loro. Alla morte di Cappelletti si arrivò per un concorso di cause sfortunate. Se non ci fosse stato il primo investimento non ci sarebbe stato neppure il secondo, mortale, impatto. E così se l’Audi non fosse transitata in quel momento, Cappelletti sarebbe sopravvissuto all’investimento da parte del «pirata». La vita e la morte  talvolta sono separate da una manciata di secondi.

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