Segrè: «via trentina» al non-spreco Cibo, buttati 88 milioni di tonnellate

Il presidente della Fondazione Mach di San Michele all’Adige autore di un ebook con l’ingegner Paolo Azzurro

Meno festaioli e un po’ più sobri, ma sempre spreconi, soprattutto a Natale: se la crisi ha ridimensionato gli italiani rendendoli più morigerati nelle spese durante le festività e maggiormente attenti alla qualità del cibo invece che alla quantità, il tema dello spreco alimentare domestico resta nel nostro Paese di primaria importanza tutto l’anno, tanto da rappresentare il 75% circa dello spreco di cibo complessivo.

Se la casa è quindi il luogo in cui si butta maggiormente e con più superficialità il cibo, in realtà solo un italiano su 4 se ne rende conto: nonostante ci sia la consapevolezza dello spreco (al primo posto c’è il denaro con 44%, al secondo il cibo con il 42% e poi carta e imballaggi con il 12%) la colpa viene infatti data alla distribuzione, alla ristorazione o alla filiera, non a quanto si fa nella propria abitazione.

È ciò che emerge dai dati diffusi a Natale 2016 dall’Osservatorio Waste Watcher, numeri poco rassicuranti a cui si lega l’approfondita analisi condotta dall’agroeconomista e presidente della Fondazione Mach di San Michele all’Adige Andrea Segrè e dall’ingegnere ambientale Paolo Azzurro nel saggio in ebook «Spreco alimentare, dal recupero alla prevenzione» (scaricabile gratuitamente dal sito della Fondazione Feltrinelli).

Ricostruendo come si è arrivati in Italia alla legge 166/2016 sugli sprechi alimentari e offrendo un quadro di riferimento conoscitivo per contestualizzare il tema dello spreco alimentare nell’ambito delle politiche e delle strategie internazionali sulla sostenibilità dei modelli di produzione e consumo (anche attraverso uno screening delle esperienze e dei progetti più significativi in atto sul territorio nazionale), il libro espone al lettore una tesi chiara e diretta: recuperare il cibo è virtuoso, ma prevenire lo spreco è decisamente meglio, e per farlo serve una svolta culturale in termini di educazione alimentare e ambientale.

Il tema è caldo, non solo sul piano etico, ma anche su quello economico. Se infatti in Italia lo spreco complessivo arriva a circa 16 miliardi di euro, ovvero l’1% del Pil, in Europa la situazione non è certo migliore. La «montagna» di alimenti sprecati in un anno dai Paesi membri è di circa 88 milioni di tonnellate, pari a circa 173 kg per persona e al 20% dell’intera produzione alimentare europea, con costi associati che ammontano a circa 143 miliardi di euro, due terzi dei quali imputabili agli alimenti gettati a livello domestico (dati Fusions 2016).

Per iniziare a intervenire in modo intelligente e conoscere davvero il contesto (almeno qui da noi) con dati reali e non solo percettivi, la prima idea l’ha lanciata proprio Segrè con la campagna Spreco Zero: dal 23 gennaio 400 famiglie di tutta Italia (secondo un campione statistico) saranno coinvolte nell’esperimento di monitoraggio Diari di Famiglia (realizzato nell’ambito del progetto Reduce promosso da Ministero dell’Ambiente e Università di Bologna - Distal, con l’Osservatorio Waste Watcher), attraverso il quale si potrà quantificare in modo scientifico il cibo sprecato.

Di ogni alimento saranno indicate tipologia e quantità, e con il cosiddetto «waste sorting», ovvero il controllo incrociato nelle loro pattumiere, si potrà verificare che le annotazioni fornite dalle famiglie siano veritiere.

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