Referendum, ragazza minacciata Su Facebook: «Sappiamo dove abiti»

Ultrà del No denunciati alla polizia postale. La brutta avventura di una giovane di Trento

di Andrea Tomasi

«Smetti di fare propaganda per il Sì al referendum (e contro il No). Se non smetti tu, ti faremo smettere noi. Sappiamo dove abiti». È questo il messaggio che una ragazza di Trento, a pochi giorni dal referendum sulla modifica alla Costituzione voluta dal governo Renzi, si è vista recapitare via email anzi, per l’esattezza, via Messenger (la posta privata di Facebook). Una «messaggino» inquietante che, pur nella consapevolezza che alle parole difficilmente sarebbero seguiti i fatti, ha allarmato non poco la giovane e la sua famiglia.

Al primo messaggio ne è seguito un secondo. Mittenti erano persone che sul social network risultavano essere «amici di amici». Una conoscenza indiretta, quindi, che ha loro permesso di entrare in contatto con lei e di farle sapere che il suo «attivismo di opinione» non era gradito.

Aberrazioni di una campagna referendaria diventata velenosa, da una parte e anche dall’altra. Si spera che, a urne raffreddate, tutto possa tornare nell’alveo della normalità ma a chi ha seguito le cronache politiche negli ultimi tempi non può essere sfuggito come il clima, anche sui social, sia spesso diventato incandescente. Non scopriamo oggi che il quesito referendario - con la volontà di cambiare 47 articoli della Costituzione italiana da parte della maggioranza di governo - abbia coinvolto emotivamente una fetta consistente del nostro Paese.

Una cosa però è litigare con i familiari o con gli amici e conoscenti che la pensano diversamente da noi, altra cosa è trovarsi dei messaggi di minaccia nella casella di posta elettronica. Gli «ultras del No» che la ragazza ha avuto la sventura di incontrare su Facebook usavano delle false identità (non c’è cosa più facile che creare un finto «profilo» da utilizzare su internet) attraverso le quali riuscivano a infilarsi nelle conversazioni pubbliche nelle varie bacheche di Fb.

Nel caso specifico le hanno scritto: «Sappiamo qual è il tuo indirizzo». E giù il nome della via e il numero civico. Insomma la questione stava diventando preoccupante. Così lei ha segnalato il fatto alla polizia postale di Trento, che è intervenuta nei giorni scorsi. «Quei profili Facebook - ci racconta lei - sono stati fatti scomparire. Non è stato un bel momento. Io comunque non ho smesso di scrivere il mio pensiero. Non ho smesso prima del voto e non ho smesso dopo. Resto convinta del fatto che quella proposta sia una buona riforma. Grazie al Cielo non siamo tutti uguali. Abbiamo tutti idee diverse. ll bello della democrazia è poterle esprimere, a voce o su Facebook, magari senza sentirsi minacciati».

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