Mezzolombardo, liceo di 4 anni Il docente: «Scelta sbagliata»

Un anno in meno di scuola, non convince la sperimentazione annunciata all'Istituto Martini. Retinò: «Proposta senza sostanza»

All’Istituto Martini di Mezzolombardo partirà una sperimentazione: liceo scientifico delle scienze applicate in 4 anni, anziché 5. La delibera della giunta provinciale è del 4 novembre scorso. Invece le polemiche in materia sono quotidiane. Si tratta di una «scelta al ribasso», dicono i critici. Malcontento che si fa sentire anche sulla pagina delle lettere del nostro giornale (lettere@ladige.it)

A farsi sentire sull’edizione di oggi è Paolo Retinò, docente di tedesco all’Istituto Degasperi di Borgo Valsugana. «La Provincia - scrive l’insegnate - agganciandosi ad una sperimentazione nazionale, introduce un percorso pilota di quattro anni caratterizzato da una innovazione didattica e metodologica che possa in qualche modo bilanciare l’anno di studio sottratto agli allievi».

VANTAGGIO ECONOMICO PER LA PROVINCIA

«Chi vive e lavora nella scuola capisce a fatica il possibile punto di arrivo di un tale progetto, se si esclude il macroscopico vantaggio economico per l’amministrazione».

PROGETTO VACUO

«Questa volta, però, credo si sia davanti ad un punto di inconcludenza sostanziale: si porta avanti un progetto accattivante, apparentemente ricco di innovazione, ma vacuo, immotivato, probabilmente inutile. I nostri ragazzi hanno bisogno di professionalità, di modalità innovative nella quotidianità didattica, di attenzione pedagogica e relazionale, di tempo per crescere e sviluppare i propri talenti e le proprie preferenze nello studio. Si provi a chiedere ai miei colleghi, ma anche alle famiglie e agli stessi ragazzi: probabilmente nessuno vorrà che si perda un anno di vita, di gioia, di apprendimento, di potenziamento delle competenze, ma soprattutto un anno di crescita. La scuola fa bene ai ragazzi, perché la scuola è un ambiente di apprendimento adatto alle loro necessità e ai loro bisogni. Sono grandi, si obietta. Non come si crede, rispondo io».

Siamo di fronte ad una ingiustificata proposta, allettante per la stampa ma priva di humus

MA GLI ALTRI PAESI LO FANNO

«L’Europa lo fa già: questa è l’altra obiezione. La Germania, la Finlandia, loro sì che sono all’avanguardia! Trovo sia giusto osservare gli altri e prendere spunto da modelli differenti e di successo (si pensi al modello del community college), ma non credo sia vantaggioso appiattirsi per principio su ciò che avviene fuori da noi. In questo caso mi sembra ci sia una volontà di innovare a tutti i costi, di cambiare purchè si cambi, purché si faccia vedere che stiamo andando verso il futuro. Invece io credo che il futuro si costruisca un passo alla volta e non si insegua, credo che la tradizione pedagogica italiana sia - per ciò che concerne la durata degli ordinamenti - adatta alle nostre menti e alle nostre abitudini, anche culturali e sociali».

MANCA SOSTANZA

«Schools change slower than churches (Le scuole cambiano più lentamente delle chiese)». Questo diceva una docente del mio corso abilitante a Bressanone, ormai più di due anni addietro. La scuola cambia lentamente, è vero, e noi insegnanti dobbiamo essere il motore del cambiamento, in una logica di autonomia e di crescita professionale. Ma in questo caso siamo di fronte ad una ingiustificata proposta, allettante per la stampa ma priva di humus, di sostanza pedagogica: ancora un’altra volta è purtroppo la forma che domina la sostanza, in questo strano mondo di tweet e di veloci apparenze che capisco ma faccio fatica a condividere. Non sembra ci sia voglia di cambiare il paradigma. Sembra ci sia voglia di dire che si sta cambiando il paradigma.

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