«Brennero, ridicolo muro» L'amarezza di Neri Marcorè

di Alberto Piccioni

Muore la satira assieme alla credibilità di chi amministra il Paese per Neri Marcoré, che sarà all' Auditorium Santa Chiara questa sera alle ore 21 con Ai confini del mondo (viaggio alla scoperta delle montagne del Cile tra Charles Darwin e Alberto Maria De Agostini, prete salesiano esploratore e fotografo) per l'adattamento teatrale di Alessando Rossi.
Cosa ci fa Marcorè, artista delle imitazioni, che ha fatto tanto ridere nelle vesti di un ministro Gasparri quasi più divertente dell'originale, tra Darwin e un salesiano scalatore di Patagonia?
Tutto è nato da una proposta del Trento Film Festival, non è uno spettacolo vero e proprio, non una prima nazionale. Non ci saranno repliche. Tra Darwin e Alberto Maria De Agostini faccio semplicemente l'attore. Mi hanno chiamato per interpretare i due personaggi, ma non c'è molto di mio. Ci tengo a precisare che non si tratta di uno spettacolo comico. Mi preme molto non venga gente a teatro aspettandosi quattro risate. Si tratta di qualcosa a metà tra un reading e conversazione. Forse più un divertimento: con due interviste impossibili. Una a Darwin e l'altra a De Agostini.
Ma perché non ci fa vedere più tante imitazioni? Forse i politici di oggi non fanno più ridere? 
Credo di si: proprio non fanno ridere. La satira per funzionare deve attecchire su qualcosa di credibile. Più un potere è forte più può far ridere. Paradossalmente la dittatura può essere molto ridicola. Laddove invece vediamo buchi nel secchio che fanno perdere acqua e credibilità resta solo tanto chiacchiericcio, spesso inutile, su cui è difficile fare satira. Da una parte i politici fanno ridere meno, dall'altra viene meno da ridere su questioni che si trascinano da anni. Sono 40 anni che siamo in questa situazione. Perché non cambia nulla? Ti passa la voglia di riderci sopra se non hai la speranza di vedere cambiamenti. Arriva un momento, forse questo, in cui ci si stanca di ripetere le stesse modalità comiche. Vorrei, piuttosto, essere superato e smentito dal fatto che qualcosa inizi a funzionare nel verso giusto. La voglia di fare satira in questo momento politico mi è ampiamente passata. Poi ci sarà anche un fattore anagrafico: anni fa rispetto ad alcuni ministri e personaggi pubblici ero più giovane e potevo permettermi di guardarli dal basso della mia età verso l'alto della loro. Ora in molti casi sono più giovani di me. Per ultimo: dopo vent'anni che fai qualcosa ti viene voglia di cambiare.
Film, festival e montagna: cosa le ispirano questi tre elementi messi assieme?
Al Festival ero venuto già anni fa. In generale trovo importanti le occasioni in cui ci si riunisce attorno a un palco o ad un film per parlare e confrontarsi. A Trento la montagna è la padrona e mi evoca varie sensazioni positive, per le amicizie, per il benessere che sento quando vengo sulle Dolomiti.
Cosa ha provato quando ha sentito che al Brennero, tra quelle montagne, stavano costruendo un muro per bloccare i profughi e gente che chiede asilo?
Misure ridicole. Non c'è muro che tenga, in grado di arginare la fame, la voglia di una vita dignitosa per chi vive in condizioni miserevoli, di guerra. Quando non si ha più nulla da perdere anche la stessa vita diventa meno importante e ci si mette su un barcone senza saper nuotare. I muri sono dei palliativi: chiunque pensi che un pezzo di terra spetti esclusivamente a lui e non all'umanità intera potrei definirlo con una serie di aggettivi, più o meno offensivi. Sostanzialmente è un'illuso: vincerà chi ha bisogni primari, oggettivamente più importanti delle motivazioni di chi vuole tenere pulita l'erbetta del suo giardino circondato da graziose palizzate in ferro battuto.
Voi artisti potete fare qualcosa perché non si alzino altri muri? 
Possiamo certamente sensibilizzare le coscienze. Anche solo il fatto di uscire per venire a vedere uno spettacolo teatrale è un modo per non restare dentro i muri. Tutti i luoghi di incontro possono essere un antidoto. La cultura altro non è che avere consapevolezza e capacità critica. Entrambe si acquisiscono cercando di aprire la mente e la coscienza, mettendo a confronto le proprie e le altrui posizioni. La verità sta nella mediazione dei punti di vista. L'artista può contribuire a questo processo di mediazione. Non credo invece alle attività solipsistiche, su Internet o altrove. Occorre l'incontro con l'altro, con gli altri, per fare vera cultura.

comments powered by Disqus