Denti storti, richiesta di danni Il paziente vuole 14mila euro

L’appuntamento con il dentista, non ce ne voglia la categoria, in molti genera ansia e stress. Da una parte la paura del dolore, anche se spesso ingiustificata e dall’altra quella per il portafoglio. Timori che vengono bilanciati dalla consapevolezza che prendersi cura della propria igiene orale è importante, anche per evitare in futuro interventi più invasivi. Ma in questo caso un paziente trentino, dopo avere affrontato svariate sedute e sborsato ben 9000 euro, anziché sfoggiare un sorriso smagliante, si è ritrovato con una protesi che non lo soddisfa per nulla: denti storti, con superficie ruvida e irregolare e pessimo risultato estetico (i denti presentano una pigmentazione nerastra).

Per questo ha promosso una causa civile contro il dentista, chiedendo un risarcimento di circa 14 mila euro.

La causa è pendente davanti al giudice Giuseppe Serao. Ma partiamo dall’inizio, ovvero dal 2010, quando l’uomo - un 50enne - decide di rivolgersi al suo dentista di fiducia per la realizzazione di una protesi fissa all’arcata inferiore, previa asportazione degli incisivi. Purtroppo il professionista viene a mancare e il paziente, che ha già versato 9000 euro, decide di affidarsi al dentista consigliato da uno dello staff, in attesa che lo studio si riorganizzasse. Il trentino si sottopone a varie sedute, da gennaio a maggio 2011. Il lavoro viene ultimato e la protesi definitiva, secondo quanto ricostruito nella denuncia, viene cementata direttamente in bocca al paziente, senza che questi esprima l’accettazione del lavoro dopo un periodo di prova e una soddisfazione per il risultato estetico.

Dopo qualche giorno sarebbero emersi i problemi: denti frontali inferiori storti, ruvidi e con una colorazione quasi subito nerastra. Le verifiche condotte prima presso un altro medico di fiducia del primo studio e poi da uno specialista in odontostomatologia, avrebbero confermato una responsabilità del dentista, sia per violazione dell’obbligo di assenso informato del paziente, sia per avere eseguito un lavoro diverso da quanto concordato con il collega poi defunto. Il perito di parte indica un danno biologico temporaneo di due mesi pari al 30% e la necessità di una nuova protesi.

Alla fine il conto presentato dal legale legale del trentino, tenendo conto anche dello stress patito di fronte alla prospettiva di dover affrontare un nuovo trattamento, ha superato i 14mila euro. Il professionista, per parte sua, ha ribadito di avere terminato il lavoro del collega e di averlo fatto a titolo gratuito, per amicizia, aggiungendo che il paziente aveva rifiutato la cementazione provvisoria.

Falliti i tentativi di conciliazione, la causa è finita sul tavolo del giudice Serao, che per fare chiarezza ha disposto una Ctu, una consulenza tecnica d’ufficio. Il consulente ha in primis evidenziato che il dentista, una volta accettato di eseguire il lavoro - anche se progettato da altri - se ne assumeva la piena responsabilità.

Quanto alla scelta del tipo di intervento, ritenuto inefficace, ha censurato sia l’uso della protesi in oro resina (costosa e non adatta a un fumatore) che la decisione di procedere solo sull’arcata inferiore, quando sarebbe stato necessario rimuovere prima quella superiore, ormai disastrata. Infine, il consulente, ha evidenziato che il dentista, prima di procedere con la cementazione definitiva, avrebbe dovuto chiedere il consenso del paziente. La Ctu si conclude riconoscendo un danno di 7.800 euro. La palla ora torna al giudice: l’udienza è fissata per oggi.

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