Diffamazione, conto più salato per Bezzi Dovrà risarcire Baratter con 8.000 euro

Diventa più salato il «conto» che il consigliere provinciale di Forza Italia Giacomo Bezzi dovrà pagare come risarcimento al collega del Patt, lo storico Lorenzo Baratter per il contenuto di un comunicato stampa ritenuto diffamatorio. I giudici della Corte d’appello di Trento, infatti, hanno confermato la condanna inflitta in primo grado a Bezzi a 600 euro di multa, ma hanno accolto l’appello incidentale della parte offesa, rappresentata dall’avvocato Nicola Canestrini, e portato il risarcimento da 3000 a 8000 euro e le spese legali da 2000 a 4000.

Bezzi, difeso dagli avvocati Nicola Degaudenz e Paolo Dal Rì, la prende con filosofia ed esclude di volere proseguire la battaglia in Cassazione: «Mi fermo qui». Quanto alla condanna: «Ci sta - dice - una parola di più detta in campagna elettorale. Non c’è problema, pago volentieri».

Tutto era nato per la diffusione di un comunicato stampa durante la campagna elettorale: Bezzi aveva accusato Baratter di avere gestito male i 5 milioni stanziati dall’assessorato provinciale alla cultura per la commemorazione della Prima guerra mondiale. Accuse subito bollate come false da Baratter, che aveva dato mandato al suo avvocato di sporgere querela, di fronte al diniego di Bezzi di pubblicare un altro comunicato di smentita. La nota, in cui si parlava di «utilizzo improprio di fondi pubblici», era firmata anche da Luca Bazzanella, candidato per Forza Trentino, ma Bezzi si è assunto la paternità del documento e così, in primo grado, l’altro  azzurro era stato assolto.

Nel documento si parlava di Baratter in questo modo: «Nella veste di storico - del tutto sconosciuto a livello nazionale ma molto raccomandato a livello provinciale - ha utilizzato senza alcuna attenzione alle regole, più di 5 milioni di euro di soldi pubblici trentini ottenuti sotto forma di consulenze e di finanziamenti per iniziative “culturali” in gran parte propedeutiche e funzionali solo alla sua campagna elettorale ma ben poco visibili e conosciute nelle istituzioni scolastiche e presso l’opinione pubblica».

Per la difesa si trattava di considerazioni attinenti al diritto di critica, da inserire peraltro nel contesto di una campagna elettorale. Ma la procura avevano invece ritenuto che si trattasse di affermazioni diffamatorie. Nel maggio 2015 era dunque arrivata la prima condanna, simbolica: 600 euro di multa e pagamento di 3000 euro a titolo di risarcimento dei danni (la richiesta era stata di 25 mila euro da devolvere a vari associazioni di studi storici). Bezzi, però, aveva deciso di andare avanti e ricorrere in appello: «Per una questione di principio. Non dobbiamo avere paura di essere critici nei confronti del sistema, a maggior ragione durante una campagna elettorale», aveva detto. «È doveroso - osserva l’avvocato Degaudenz - che venga criticato chi governa».

A quel punto, però, anche la parte offesa ha deciso di presentare appello incidentale per quanto riguardava il risarcimento e le spese processuali: «Certo non per una questione di soldi - sottolinea Canestrini - ma per principio, perché speravamo che Bezzi avesse capito dopo la sentenza di primo grado». Ieri la sentenza della Corte d’appello, presieduta dal giudice Carmine Pagliuca, che ha confermato la multa, ma portato il risarcimento a 8000 euro.

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