Manzana: siamo pronti ad investire, il problema potrà essere la stretta sul credito

di Francesco Terreri

Quando il 31 marzo finirà il blocco dei licenziamenti, in Trentino potrebbero esserci anche più di diecimila lavoratori e lavoratrici che perdono il posto. Perché, dice Fausto Manzana, patron di Gpi e presidente di Confindustria Trento, le imprese hanno bisogno di ristrutturarsi dopo la crisi messa in moto dalla pandemia. Quindi pieno accordo col segretario della Cgil Andrea Grosselli (LEGGI QUI L'INTERVISTA): per far fronte a questa situazione, sostegno economico ai lavoratori che perdono il posto e politiche attive per trovarne un altro, soprattutto attraverso un’Agenzia del Lavoro rafforzata. Ma il mondo produttivo può ripartire, sottolinea Manzana: c’è un tessuto vivo, reattivo, lo dimostra la sorprendente ripresa del terzo trimestre 2020. Partite Iva e microimprese si rimetteranno in moto perché hanno una resilienza maggiore, anche se non potrà venire da loro la soluzione del problema occupazionale. Le aziende più grandi e strutturate, che invece trainano l’occupazione, torneranno a fare investimenti sull’industria 4.0, sul green deal, sulla sostenibilità ambientale. A patto che Stato e Provincia non le ostacolino con la burocrazia. E soprattutto che il sistema bancario non faccia venir meno il suo sostegno sul più bello. Le nuove regole europee sul default, partite il 1° gennaio, mettono a rischio 15 milioni di conti correnti di famiglie e imprese in tutta Italia, 150mila in Trentino. Una stretta al credito proprio nel momento della ripresa sarebbe una grande beffa.

Presidente, come ripartiamo nel 2021?
Dobbiamo immaginare una politica di investimenti per riqualificare il nostro territorio. Le forze ci sono, lo ha dimostrato il terzo trimestre 2020 quando c’è stata una ripresa che ha in parte sorpreso. Abbiamo un tessuto comunque vivo, reattivo. Partendo naturalmente dal rispetto con estrema attenzione dei protocolli anti-Covid, in attesa che la vaccinazione e le terapie contro il virus facciano il loro effetto.

L’epicentro della crisi è il settore terziario. Ma come sta l’industria trentina?
L’industria è più resistente ma soffre in termini di resilienza. Mi spiego: abbiamo imprese che in gran parte hanno provato a globalizzarsi ma oggi l’accesso ai mercati è molto problematico. Negli ultimi dati sull’andamento del fatturato, sono le imprese più strutturate a segnare il passo con un dato negativo, mentre le piccole e piccolissime tengono meglio. Le aziende maggiori, che in Trentino sono medie imprese perché di grandi non ne abbiamo, hanno bisogno di ristrutturarsi per il cambio dei mercati che inevitabilmente ci sarà e la digitalizzazione dei processi produttivi.

Il 31 marzo finisce il blocco dei licenziamenti. Ci saranno perdite di posti di lavoro in Trentino?
La ristrutturazione delle aziende comporterà licenziamenti, forse più dei 10mila stimati dalla Banca d’Italia. A questo bisogna reagire velocemente anche utilizzando al meglio l’Autonomia. Il segretario della Cgil Grosselli ha ragione a dire che bisogna rafforzare e organizzare adeguatamente l’Agenzia del Lavoro e fa bene a puntare su formazione e riqualificazione dei lavoratori. Se viene protetto, il lavoratore non si àncora al posto di lavoro che perde: questo ha una logica inoppugnabile. Mentre se non avremo questo supporto al reddito o il momento di riqualificazione, ci saranno molte più difficoltà.

Quali sono i settori industriali più in difficoltà e quali invece quelli che stanno tenendo meglio?
L’automotive è in grande difficoltà, altri tengono. Ma il punto di forza di una ripresa restano gli investimenti privati. Investire significa avere fiducia nel futuro, sennò non lo fai. Il decremento delle nascite di cui si parla indica una mancanza di fiducia sul futuro. Le imprese torneranno a investire su industria 4.0. L’automotive ripartirà nella misura in cui riuscirà a far ripartire gli investimenti nel green deal, l’elettrico, l’idrogeno. Non solo, tutto deve essere maggiormente rispettoso dell’ambiente, anche la nostra proposta turistica. L’industria riuscirà lentamente a trovare una strada. Ma dobbiamo fare i conti con le nuove regole bancarie appena entrate in vigore, che non sono passeggiate di salute.

Si riferisce alle nuove regole europee sul default e sui cattivi pagatori? Cosa potrebbero provocare?
È stato stimato che le nuove regole sui conti correnti potrebbero mettere in difficoltà 15 milioni di famiglie e imprese in Italia, che significa 150mila in Trentino. Non dipende dalle banche: non hanno alternative a questi input regolatori. Ma questo porterà ad una maggiore attenzione a concedere credito. E in primavera ricominceremo a pagare le tasse, si andrà verso la fine delle moratorie, avremo bisogno di finanziare il circolante. Se andremo verso un credit crunch proprio nel momento della ripresa sarà una grande beffa.

L’intervento pubblico potrebbe aiutare?
Stato e Provincia facciano quello che possono realmente fare ma lascino in pace l’impresa, non facciano danni. Per generare valore servono l’impresa e il mondo del lavoro. I processi pubblici di controllo e verifica diventino più smart e non si torturi l’impresa con altri impianti di regole. E, a proposito di cattivi pagatori, ricordo che tra essi c’è lo Stato.

Ma le imprese trentine non sono poco patrimonializzate per affrontare al meglio la ripresa?
Abbiamo imprese poco patrimonializzate ma soprattutto abbiamo imprese piccole. Siccome dobbiamo fare i conti con la globalizzazione e considerare i mercati globali, serve una maggiore patrimonializzazione che aiuta anche l’accesso al credito. Ma occorre diventare grandi. Il popolo delle partite Iva, le microimprese ripartiranno perché hanno una resilienza maggiore ma non potranno risolvere il problema dell’occupazione. Da un quarto a un terzo dei lavoratori in Trentino è occupato da 350 medie imprese e queste sono decisive.

Si è però visto che se le piccole imprese costituiscono una rete o un distretto, possono competere con le grandi.
Questo è vero, quindi bisogna andare verso le aggregazioni. Ha fatto bene la Provincia a finanziare forme di aggregazione tra le aziende.

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