L'imprenditoria femminile è fragile e soffre di più la crisi da covid

L'imprenditoria femminile italiana, già fragile prima dell'esplosione dell'emergenza Covid-19, sotto i colpi della pandemia sta soffrendo più delle imprese a guida maschile. Il dato emerge dal quarto rapporto di Unioncamere dedicato all'imprenditoria femminile.
I risultati dell'analisi annuale, aggiornata a ottobre 2020, sono in corso di presentazione virtuale in tutte le regioni italiane.

È toccato anche al Trentino-Alto Adige, con un collegamento tra la Camera di Commercio di Bolzano, introdotto dal presidente Michl Ebner, Trento e Roma.

In Italia le imprese femminili sono 1,3 milioni, ovvero il 22% del totale. Negli ultimi anni si è registrata una progressiva crescita (del 3% annuo, più dell'imprenditoria maschile), soprattutto in Lombardia, Trentino-Alto Adige, Lazio, Campania e Calabria.

«Ma le imprese femminili sono generalmente piccole, micro o individuali, giovanili, fragili, con poca propensione all'innovazione» ha sottolineato, nel presentare il rapporto, Tiziana Pompei, vicesegretaria nazionale di Unioncamere. Le imprese in rosa sono concentrate, anche in regione, soprattutto nel settore del wellness, dei servizi alla persona, dell'accoglienza turistica, del tessile-moda. Tutti settori che la pandemia e il distanziamento hanno messo in ginocchio. Il tasso di mortalità delle imprese femminili è elevato e solo il 78% delle donne imprenditrici ritiene di poter stare ancora sul mercato fra tre anni.

Nel periodo aprile-settembre 2020 il numero di nuove imprese femminili iscritte alle Camere di commercio è calato del 31%, in regione, rispetto allo stesso periodo del 2019. Le debolezze dell'imprenditoria femminile? La maggiore difficoltà di accesso al credito, la minore digitalizzazione e internazionalizzazione, la scarsa propensione a investimenti in innovazione. Tutte fragilità acuite dalla situazione sanitaria attuale.

Le ricette per invertire la rotta? «Investire parte dei fondi che arriveranno dal recovery fund Next generation Eu in formazione nelle discipline tecniche, tecnologiche, fisiche, matematiche e informatiche per le imprenditrici e aspiranti imprenditrici» la linea tracciata dalla vicesegretaria Pompei.

Un elemento di debolezza resta sempre il carico di compiti di cura e accudimento di minori e anziani sulle spalle delle donne.

«In Trentino funziona bene il registro delle co-manager e la stessa iniziativa sta nascendo in Alto Adige» sottolinea Claudia Gasperetti, responsabile del Comitato intercategoriale per la promozione dell'imprenditoria femminile. Le co-manager sostituiscono a tempo determinato, grazie a incentivi pubblici, le donne imprenditrici costrette a lasciare temporaneamente il proprio ruolo nell'impresa o nella libera professione per gravidanza, maternità, malattia dei figli o dei congiunti. Gli stereotipi di genere su alcune professioni condizionano ancora le scelte sociali delle donne rispetto al lavoro, anche in proprio. «La leadership imprenditoriale femminile - ha rilevato Gasperetti - è peraltro più inclusiva, green e attenta all'economia circolare. Sfide che vanno colte subito».

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