Centri commerciali contro la giunta: ecco la lettera di 500 esercenti «Chiusura domenicale illegittima»

Quasi 500 attività commerciali rappresentate: gli amministratori di alcuni centri commerciali del Trentino, danneggiati dalla recente legge, e delibera attuativa, riguardo le chiusure domenicali e festive delle attività commerciali, scrivono a Fugatti e chiedono un passo indietro. Affidandosi agli avvocati Matteo Pedretti e Claudio Tamanini di Trento, ricordano come la norma provinciale sia in contrasto con numerose leggi nazionali, preminenti.

Sono i responsabili di Top Center, Urban Center, Millenium Center, Leno Center e Le Valli di Borgo Valsugana. Contestano la legge n. 4 di data 3 luglio 2020 (Disciplina delle aperture nei giorni domenicali e festivi delle attività commerciali) e la Deliberazione della Giunta Provinciale del 3 luglio 2020 n. 891 (Individuazione dei comuni ad elevata intensità turistica nei quali è ammessa l’apertura degli esercizi di vendita anche nelle qiornate domenicali e festive = art. 1 comma 2 del provvedimento normativo concernente la “Disciplina delle aperture nei giorni domenicali e festivi delle attività commerciali”).

La lettera:

Egregio Presidente, Egregio Assessore, i sottofirmati avv.ti Claudio Tamanini e Matteo Pedretti, entrambi iscritti all’ordine degli Avvocati di Trento, formulano la presente in nome e per conto degli amministratori pro tempore dei seguenti centri commerciali: Top Center Condominio (C.F.: 96027880226) sito in Trento, Urban City scarl (C.F.: 02401800228) sito in Rovereto, Leno Center (C.F.: 94015220224) sito in Rovereto, Centro Commerciale Millenium Center scarl (C.F.: 01856470222) sito in Rovereto e Centro Commerciale Le Valli scarl (C.F.: 01842590224) sito in Borgo Valsugana, i quali lamentano il grave pregiudizio agli enti amminisrati derivante dal vigore delle norme in oggetto e ritengono che esse siano del tutto carenti per diversi profili, sia giuridici che di opportunità.

Per quanto alle ragioni giuridiche, si osserva che le norme in questione sono state approvate, con inspiegata urgenza, nella vigenza delle sovraordinate norme statali che hanno esplicitamente liberalizzato le aperture degli esercizi commerciali comuni consentendone l’attività 7 giorni su 7 e per tutto l’arco delle 24 ore.

Come anche a Voi certamente noto, una prima erosione dei limiti e delle prescrizioni normative alle aperture degli esercizi commerciali si è avuta con l’art. 35 comma 6 D.L. 6.07.2011 n. 98, approvato dunque nella piena crisi economica di allora, che in modifica dell’art. 3 comma 1 del D.L. 4.07.2006 n. 223 (c.d. decreto Bersani), ha eliminato, dopo gli altri, anche i limiti e le prescrizioni alle attività commerciali di carattere temporale, in principio in via provvisoria e settoriale, con l’aggiunta della lettera d-bis, per la quale “in via sperimentale, il rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l’obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonche’ quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell’esercizio ubicato nei comuni inclusi negli elenchi regionali delle localita’ turistiche o citta’ d’arte”.
Alcuni mesi dopo, ritenendo evidentemente la sperimentazione terminata, è stata varata la manovra nota, guarda caso, come “Salva Italia”, ovvero il D.L. 6.12.2011 n. 201, convertito con L. 22.12.2011 n. 214 con il quale si è prevista l’eliminazione definitiva di ogni vincolo temporale alla libera iniziativa economica delle attività commerciali stabilendo all’art. 31 la modifica dell’art. 3 comma 1 lett. d-bis) del citato decreto Bersani (D.L. 223/2006) la soppressione delle parole “in via sperimentale” e “ubicato nei comuni inclusi negli elenchi regionali delle localita’ turistiche o citta’ d’arte”.

Riguardo la descritta evoluzione della norma nazionale, riteniamo opportuno richiamare il contenuto dell’art. 1 del pur lontano decreto Bersani, rubricato “Finalità e ambito d’intervento”, poiché significativamente condiviso nello spirito della indicata liberalizzazione, inserita, a distanza di alcuni anni, nel medesimo decreto: “Le norme del presente titolo, (...), recano misure necessarie ed urgenti per garantire il rispetto degli articoli 43, 49, 81, 82 e 86 del Trattato istitutivo della Comunita’ europea ed assicurare l’osservanza delle raccomandazioni e dei pareri della Commissione europea, dell’Autorita’ garante della concorrenza e del mercato e delle Autorita’ di regolazione e vigilanza di settore, in relazione all’improcrastinabile esigenza di rafforzare la liberta’ di scelta del cittadino consumatore e la promozione di assetti di mercato maggiormente concorrenziali, anche al fine di favorire il rilancio dell’economia e dell’occupazione, attraverso la liberalizzazione di attivita’ imprenditoriali e la creazione di nuovi posti di lavoro”.

Peraltro, per quanto si dirà in seguito, il decreto Bersani stabilisce all’art. 1-bis, tutt’ora in vigore, che “le disposizioni di cui al presente decreto si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano in conformita’ agli statuti speciali e alle relative norme di attuazione”.

Nel descritto contesto normativo, la recentissima L.P. 4/2020 e, come corollario, la Delibera della Giunta Provinciale n. 891 di esecuzione della medesima, si pongono nella direzione decisamente contraria, ripristinando il principio generale per cui gli esercizi di vendita al dettaglio osservano la chiusura domenicale e festiva, salvo alcune eccezioni merceologiche e salvo gli esercizi ubicati nel comuni ad elevata attrattività turistica o intensità turistico/commerciale”, come individuati nella delibera richiamata dalla legge.
Tale improvviso cambio di rotta del governo provinciale, oltre a contrastare con le prefate normative nazionali che, nella gerarchia delle fonti, hanno evidente rango superiore rispetto a quella provinciale, presenta manifesti quanto incontrovertibili vizi di costituzionalità cozzando in tutta evidenza contro i granitici principi di libera iniziativa economica reiteratamente espressi in più parti della Costituzione e, in particolare, segnatamente all’art. 41, principi ai quali la normativa provinciale deve obbligatoriamente informarsi e non certamente discostarsi e derogare.
Del resto, trattandosi di normativa provinciale che incide, limitandola, sulla libera concorrenza tra operatori economici, materia riguardo la quale ai sensi dell’art. 117 comma 2 lett. e) della Costituzione lo Stato ha competenza esclusiva, conformemente a quanto recentemente espresso dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 239 del 2016, la PAT è del tutto priva di potere legislativo.
L’illegittimità e incostituzionalità delle norme in questione presentano connotazioni di tale entità e gravità da poter sussumere la fattispecie in esame tra quella dei vizi di eccesso di potere nonchè, per quanto riguarda la delibera di esecuzione, dei vizi di disparità di trattamento anche per illogicità e iniquità dei criteri adottati, vizi questi ultimi, a causa dei quali sono escluse dall’elenco dei comuni ammessi alle aperture domenicali e festive una plausibile ragione le città d’arte, intrinsecamente turistiche, quali certamente possono essere definite sia Trento che Rovereto.

In questi termini, quanto all’insufficienza e incapacità dei criteri di cui alla delibera in esame di rappresentare la reale incidenza della componente turistica sul territorio, causa di ingiustificate disparità tra singoli comuni, è sufficiente rilevare che essi non permettono di tener conto dell’indiscusso numero di turisti che quotidianamente si riversano nelle città, specialmente nel capoluogo, pur senza pernottarvi, territori che, contro ogni logica, non possono essere però considerati comuni “ad elevata attrattività turistica o intensità turistico/ commerciale”.
D’altra parte, nel caso specifico non vi è alcuna dimostrazione di quelle eventuali comprovate esigenze di tutela dell’ordine o di sicurezza pubblica, rispondenti a superiori interessi pubblici, che legittimerebbero una normazione in deroga ai citati principi costituzionali e a quanto sancito dalla normativa nazionale, che invece hanno potuto trovare una giustificata esimente nel corso della recente pandemia.

Ferme le esposte sommarie, ma dirimenti, ragioni di illegittimità della norme di legge e regolamentari provinciali che impongono la generalizzata chiusura domenicale e festiva delle attività commerciali, si esprime grave disagio e incredulità di fronte alle finalità perseguite dalle norme in questione, quali emergono all’art. 1 della legge provinciale “Per favorire la conservazione delle peculiarità socio - culturali e paesaggistico - ambientali”, enunciazione generica declinata poi in alcune dichiarazioni pubbliche dei rappresentanti provinciali nell’esigenza di proporre un modello culturale diverso, secondo il quale la popolazione trentina, che si sarebbe ormai disabituata a fare la spesa la domenica (dopo le legittime restrizioni del recente periodo di lockdown), è giusto che si dedichi alla famiglia, vanno in montagna, al lago, a messa”.

Di fronte a siffatte affermazioni, che confliggono inesorabilmente con i principi di libertà ed autodeterminazione dei cittadini sanciti dalla carta costituzionale e con i Vostri stessi proclami che con enfasi dichiarano di voler rispondere ai bisogni ed alle richieste provenienti da tutti i territori, non si può che esprimere incredulità e grave rammarico per decisioni di politica legislativa che svalutano alcuni di quegli stessi territori creando improprie differenziazioni e avviliscono la visione d’insieme della provincia, e della sua autonomia, nell’odierno contesto economico e sociale, nazionale ed internazionale.

Non a caso più sopra sono state richiamate le finalità delle norme statali che hanno sancito la liberalizzazione delle attività commerciali, per evidenziarne la ben più generale e coerente aspirazione a fornire risposte alle istanze di una società in continua e rapida evoluzione, nell’incertezza dell’attuale momento storico caratterizzato dalle oscillazioni derivanti da una sempre più ampia incertezza dei mercati e dei consumi e da una sempre maggiore internazionalizzazione degli scambi sociali, culturali ed economici E tanto più oggi, dopo la grave pandemia ancora latente che ha fatto tragicamente scemare i consumi nel contesto di una crisi economica che ormai quasi in modo endemico affligge il Paese, quindi anche la nostra Provincia, si pone la doverosa adozione di normative che nell’ottica dell’auspicata quanto necessaria ripresa vadano nella direzione opposta a quella delle restrizioni, ritengono che il voler sacrificare le libertà di scelta dei consumatori e la libera iniziativa degli operatori economici, in nome di un diverso asserito modello culturale di dubbio riscontro nella realtà fattuale, a maggior ragione nell’attuale epoca storica, e dal sapore neppure tanto velatamente anacronistico, comporterà riflessi negativi non solo sull’economia e la qualità e quantità dei consumi nei territori del fondo valle nei quali risiede la maggior parte della popolazione trentina, ma altresi in quegli stessi territori di cui si vorrebbe tutelare l’attrattività turistica, al di là delle enunciazioni, tra cui quella secondo la quale la normativa in esame sarebbe altresi posta anche “a tutela del pluralismo della concorrenza” (art. 1 comma 1 L.P. 4/2020), la normativa in questione, anche a non volerne censurare le finalità di indirizzo politico, presenta elementi di contraddittorietà ed iniquita tali da risultare pregiudizievole in relazione alle sue stesse decantate finalità.

Ci si domanda se il governo provinciale, si ribadisce in un momento storico nel quale il calo della domanda è allarmante, abbia tenuto nella dovuta considerazione le stime provenienti dai settori economici interessati, che prevedono, a causa delle chiusure domenicali e festive, contrazioni dei fatturati dell’ordine compreso tra il 10 ed il 20% e relativo impatto negativo sui livelli occupazionali, con tutte le consguenze in termini di maggiori costi sociali a carico della collettività.

Ancora, ci si domanda se sia stato valutato il pregiudizio delle restrizioni non solo alla grande distribuzione, ma altresì agli esercizi di prossimità, con la sicura deviazione quantomerno di parte dei consumi verso le più attrattive provincia di Bolzano e regione Veneto, ovvero verso formule di commercio online tanto di ostacolo al commercio diffuso sul territorio.
Non si può poi sottacere che la restrizione che colpisce di fatto i grandi centri urbani del nostro territorio, tra i quali le città d’arte Trento e Rovereto, Pergine Valsugana con la sua vicinanza a numerose località turistiche lacustri, la Piana Rotaliana con la sua produzione vitivinicola, dove risiede la maggioranza della popolazione e che sono in grado di proporre un’offerta commerciale ben più ampia rispetto ai territori derogati dalla normativa provinciale, si traduce in una diminuzione dei servizi a svantaggio proprio di quel settore turistico che parrebbe voler essere sostenuto, Difatti, pur vero che sono le località turistiche di montagna e delle valli limitrofe che accolgono la gran parte dei flussi turistici, è altrettanto vero che detti flussi turistici si riversano quotidianamente nelle città sia a motivo della loro offerta storico - artistica sia a motivo delle offerte commerciali, che costituiscono, particolarmente in un territorio di ridotte dimensioni qual è la nostra provincia, componente della complessiva offerta di servizi turistici e della loro capacità attrattiva.
Infine, grandi perplessità perché difficilmente comprensibile, solleva la previsione derogatoria della generalizzata chiusura domenicale e festiva indicata all’art. 1 comma 5 lett. a) secondo la quale sono esclusi dalle restrizioni attività quali le rivendite specializzate di autoveicoli, libri, prodotti audio e video, mobili, non riuscendo i nostri assistiti a coglierne le motivazioni del diverso trattamento rispetto ad esercizi di vendita non in forma specializzata degli stessi prodotti ed agli esercizi di vendita di abbigliamento, ottica, alimentari, sport ecc.
In conclusione, ci permettiamo sommessamente di rilevare che le finalità politiche delle norme in questione avrebbero potuto trovare maggiore attuazione continuando ad assicurare agli operatori commerciali la libertà di organizzazione temporale ormai acquisita, ma al contempo definendo strumenti normativi idonei a salvaguardare i diritti dei lavoratori di fronte ad eventuali abusi, anche, ma non solo, con riguardo allo specifico diritto ai riposi settimanali, Richiamato tutto quanto esposto, si aspetta da parte Vostra un profondo ripensamento delle norme appena approvate, dichiarando la disponibilità dei nostri assistiti a partecipare ad un tavolo di confronto dialettico e costruttivo sulle possibili alternative, nell’auspicato intento di contemperare le finalità politiche del governo provinciale con l’imprescindibile ed urgente necessità di salvaguardare e sostenere gli operatori economici di tutto il territorio provinciale.
I nostri assistiti confidano in un positivo riscontro alla richiesta, non nascondendo tuttavia, tenuto conto del valore che essi attribuiscono alle questioni poste, di essere pronti ad impugnare in via diretta o indiretta, nell’ambito delle procedure ammissibili, la norma principale e la sua delibera attuativa.

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