Trentino, nel 2019 in calo la spesa delle famiglie Poi il crollo con l'emergenza epidemica Bort (Camera di commercio): giù Iva e Imis

di Angelo Conte

In Trentino il 2019 si chiude con un calo della spesa media delle famiglie. L'anno scorso infatti in un mese medio, i trentini hanno speso 2.495 euro contro i circa 2.600 dell'anno precedente (-3%) e i 2.700 del 2017 (-7,5%). A Bolzano, invece, c'è stato un ulteriore aumento della spesa mensile media che ha superato quota 3.516 contro i circa 3.320 del 2018 (+6% circa).

In Trentino, in ogni caso, la spesa media per una famiglia resta elevata, visto che l'anno scorso si sono spesi 400 euro per alimentari e analcolici (contro i 417 del 2018, -4% in un anno), 41 euro per alcol e tabacchi (qui in aumento del 5% sul 2018), 100 euro circa per calzature e vestiti (-15% circa sul 2018), meno per le bollette (848 euro contro 885 con un calo del 4% circa), il 13% circa in più per i servizi per la casa e i mobili, il 30% in meno per la salute, identico di fatto l'esborso per i trasporti e le comunicazioni, mentre aumenta quello per ristoranti e alberghi salito del 13% circa. La spesa per l'affitto è di 554 euro al mese pari a circa il 22% della spesa mensile (seppure in calo rispetto ai 610 euro del 2018).

In ogni caso Trento vede un calo dei consumi in linea con l'Italia. Un segnale che già l'anno scorso, con gli ultimi mesi dell'anno in rallentamento economico, i trentini hanno ridotto i consumi. E per i primi mesi di quest'anno, in particolare nel periodo marzo-maggio, le proiezioni non sono per nulla positive. Il primo trimestre, a livello nazionale, vede una stima nel calo dei consumi di circa il 4%, e anche qui, spiega il presidente della Camera di commercio, Gianni Bort, la situazione non è stata facile. Il crollo del commercio al dettaglio e in particolare dei negozi di vicinato (oltre il 35% di ricavi in meno a marzo e aprile rispetto allo stesso periodo del 2019), mostrano una prospettiva difficile per l'autunno.

«Le cose possono reggere un po' fino a che resta attiva la cassa integrazione, che va allungata, e rimane lo stop ai licenziamenti.

Attualmente si stima che ci siano 30.000 trentini in cassa integrazione e questa erosione dei salari ridurrà anche i consumi» sottolinea Bort. Che chiede nuove misure per rilanciarli, a partire dal livello nazionale, «con l'abbassamento dell'Iva che permetterebbe di ridurre i prezzi del 5/7%, serve poi dire stop alla fiscalità di vantaggio per le multinazionali on line dell'ecommerce, perché oggi ci sono contribuenti di serie A e di serie B, ma è venuto il tempo di dire basta a colpire i soliti noti, come il pensionato e l'imprenditore, con tasse elevate. Andiamo a colpire questi grossi gruppi, che avranno anche dipendenti in Italia, ma la cui testa fuori e che fuori versano la maggior parte delle tasse.

L'ecommerce da lanciare è quello targato Italia. Se non si interviene su tale sperequazione fiscale, si mantiene uno status di concorrenza sleale tra aziende locali e multinazionali dell'ecommerce».

Fondamentale per Bort anche ridare fiducia ai cittadini: «La fiducia manca non solo da noi, ma anche in Austria e Germania. La fiducia è fondamentale per evitare il fenomeno a cui stiamo nuovamente assistendo, ossia ai depositi e al risparmio che cresce, mentre le spese private si riducono, con un circolo vizioso che è devastante. Senza contare il rischio che le imprese in difficoltà, vengano infiltrate dalla malavita, un problema da non sottovalutare nemmeno da noi in Trentino».

Bort chiede a livello provinciale alla politica di «togliere i paletti e aumentare le soglie anche per le aziende medie nell'accesso al fondo perduto, ma anche di cancellare l'Imis per le imprese che vale alcune decine di milioni di euro». Solo la quota per la categoria catastale D, capannoni e alberghi tra gli altri immobili che vi ricadono, vale una sessantina di milioni di euro annui. Per poter fare questo, però, Roma «deve aiutarci e lasciare per due anni i soldi del Patto di Garanzia a Trento: con quegli 860 milioni la Provincia potrebbe aiutare imprese e lavoratori» conclude Bort.

Il dato di Bolzano fa sì che la regione con la spesa media mensile più elevata nel 2019 sia proprio il Trentino-Alto Adige (2.992 euro), seguita da Lombardia (2.965 euro) e Toscana (2.922); in particolare, nel Trentino-Alto Adige si registra, rispetto al resto del Paese, la quota di spesa più alta destinata a servizi ricettivi e di ristorazione (6,8%; la media nazionale è 5,1%). Puglia e Calabria sono le regioni con la spesa più contenuta, rispettivamente 1.996 e 1.999 euro mensili, quasi mille euro in meno del Trentino-Alto Adige.

Come detto, poi, a livello nazionale, le stime preliminari del primo trimestre 2020 mostrano che le misure di contenimento della diffusione del Covid-19 hanno prodotto un calo di circa il 4% della spesa media mensile rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. In particolare, l'Istat spiega che «la marcata riduzione dell'offerta e della domanda commerciale al dettaglio ha determinato una flessione delle spese diverse da quelle per prodotti alimentari e per l'abitazione di oltre il 12% rispetto al primo trimestre 2019».

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