Lavoro: in Trentino stipendi più bassi Precari il 40% dei nostri giovani

Le luci sono quelle di un trienno 2016-’17-’18 di crescita, dopo il buio della crisi. Le cifre del 34° rapporto sull’occupazione in provincia di Trento, presentato ieri con una riflessione tra esperti sulle politiche del lavoro al tempo dei Big Data, fotografano la ripresa: più occupati e disoccupazione in calo. Le ombre sono quelle cui la responsabile del centro studi dell’Agenzia del lavoro, Isabella Speziali, ha solo accennato: lavoro precario, soprattutto tra i giovani, e bassi livelli retributivi.

Chi lavora in Trentino ha stipendi mediamente più bassi, non solo in raffronto al “ricco” Alto Adige e alla Lombardia. Già oggi un’emergenza, e ancora di più in futuro, con le dinamiche demografiche in atto.



VIA GLI ADULTI, E I GIOVANI SPIAZZATI

L’ha detto con tono piano, Speziali, ma il senso di allarme c’è tutto: «Nei prossimi anni per fine carriera usciranno dal mercato del lavoro quote importanti di forza lavoro e non possiamo rischiare che i numeri per la sostituzione in ingresso vadano perduti né per quantità né per qualità».

A preoccupare è il tasso di rimpiazzo: «Se si considerano le fasce di popolazione 55-64 anni (nati 1963-1954) e 15-24 anni (nati 1994-2003), stimiamo coorti (scaglioni, ndr)» aggiunge Speziali «di 74.000 adulti e di 56.000 giovani circa: l’indice di ricambio è pari a 132,2 e la differenza tra potenziali uscite e potenziali rimpiazzi è di oltre 18.000 unità».

Lo sbilanciamento sui lavoratori più maturi è evidente: il 50% degli occupati in Trentino è over 45 e la quota dei over 55 è vicina al 20%. È una questione gigantesca, che intercetta i temi della formazione, di un diverso modello di sviluppo , dell’accoglienza e dell’integrazione degli immigrati. Anche perché il mancato rimpiazzo di forza lavoro fa il paio, ed è un mix esplosivo, con l’altra dinamica in atto: in dieci anni, dalla regione, come ha riferito l’Adige (13 ottobre) su dati della Fondazione Moressa, 8.500 giovani sono emigrati all’estero, con una perdita stimata di mezzo miliardo di euro di Pil.

Del resto, perché restare, se la realtà è quella fotografata dal rapporto sull’occupazione? La prima analisi sui livelli retributivi fatta da Arianna Bazzanella indica il divario (sintetizzato nella tabella a fianco, elaborata da Andrea Grosselli della Cgil): le retribuzioni medie giornaliere in Trentino sono lontane da quelle di Bolzano e del Nord-Est, ma si posizionano pure sotto la media nazionale. Per Bazzanella, in Alto Adige, la retribuzione è del 13% superiore, nel Nord-Est del 5%, in Italia del 3%.

LA PRECARIETÀ È GIOVANE

I contratti a termine, sul totale del lavoro dipendente, pesano per il 22%. Una precarietà elevata soprattutto tra i giovani sui quali impatta per più del 40%, per i quali, rileva Speziali, «i tempi della stabilizzazione si confermano lunghi. La precarietà del lavoro per i giovani resta un tema di criticità sociale (influisce sui tempi di uscita dai nuclei di origine) e di criticità di mercato del lavoro (il fenomeno di giovani all’estero)».

L’USCITA DALLA CRISI

Preso atto di questo quadro (giovani che emigrano, precarietà, basse retribuzioni e invecchiamento della forza lavoro), si può vedere il bicchiere mezzo pieno dei dati del rapporto, commentati positivamente sia dall’assessore Achille Spinelli, sia dal presidente dell’Agenzia del lavoro, Riccardo Salomone. Nel 2018, il dato più rilevante riguarda l’occupazione (a quota 238.800 unità): un aumento del 5,9% sul 2008, anno di avvio della crisi. Oggi gli occupati sono 13.200 in più. In dieci anni il tasso di occupazione è salito dal 66,6 al 68,2%. Incremento positivo soprattutto per le donne, dal 57,7 al 71,7%, che rappresentano il 45% dell’occupazione totale.

L’occupazione femminile è per l’87,7% nei servizi, per l’87,3% lavoro dipendente e quasi al 40% part-time. Nei maschi il tasso di occupazione è in leggero calo: 75,5% nel 2008, 74,6% nel 2018. È cresciuto il tasso di occupazione dei 55-64enni (per le riforme delle pensioni) e calato quello dei giovani 15-34enni, rispettivamente al 57,8% e al 52,4%.

L’impennata, in tutti i settori di attività, è stata forte negli ultimi due anni, e ha interessato soprattutto i giovani, al netto della dinamica di precarietà sopra citata. Nel 2018 ci sono state quasi 27.000 assunzioni in più rispetto al 2016, di cui poco meno di 15.000 per i giovani, con un aumento delle stabilizzazioni. La difficoltà di reperimento di manodopera, per le imprese, riguarda soprattutto le figure operaie e di alto livello (dirigenti, professioni intellettuali e scientifiche). La curva della disoccupazione, in crescita fino al 2016, ha invertito la tendenza nell’ultimo biennio e nel 2018 è tornata sotto il 5%, al 4,8%, comunque più alto del dato pre-crisi 2008 (3,3%). Il numero di persone in cerca di lavoro che durante la crisi aveva raggiunto le 17.300 unità, è sceso a quota 11.900. La disoccupazione giovanile (picco nel 2014 con (9.400 unità), nel 2018 è a quota 5.700.

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