Lavoro a rischio per 1.600 trentini Nell'industria la situazione più critica

di Francesco Terreri

Nei primi nove mesi dell’anno, sostiene Federmeccanica, l’attività produttiva dell’industria metalmeccanica è diminuita del 2,5%.

Secondo la Fim Cisl trentina, l’80% delle maggiori aziende del settore registra un calo della produzione. Circa 600 lavoratori sono in cassa integrazione ordinaria fino a Natale. Mentre sono già rimasti fuori 200 precari.

Resta in contratto di solidarietà la Marangoni di Rovereto, dove gli occupati sono già stati ridotti di un terzo in tre anni. Poi ci sono quelli che il lavoro lo perdono: lo stillicidio di 200 operatori dell’accoglienza che devono lasciare i loro incarichi, i 30 commessi e commesse del negozio Mercatone Uno di San Michele all’Adige a cui la cassa integrazione straordinaria dovrebbe essere prorogata al 23 maggio 2020, i 20 licenziati Sait ancora da ricollocare. E quelli appesi a un filo, come la decina di dipendenti rimasti della Impresub di Trento, fallita, che sperano nell’affitto di ramo d’azienda o la quindicina della Schlaefer di Storo, sotto sfratto da Trentino Sviluppo perché non paga l’affitto.

A tutto questo si aggiunge ora la mazzata Unicredit: 5.500 esuberi in Italia e i possibili tagli ai 311 bancari trentini del gruppo. In tutto, quindi, 1.600 lavoratori trentini col fiato sospeso sul loro futuro.

La mannaia di Trump.

Secondo la Camera di Commercio, l’andamento dell’industria manifatturiera trentina nel terzo trimestre è praticamente stagnante: +0,4%. Le perdite si concentrano nell’export: -2,8%. I dazi decisi o minacciati dal presidente Usa Donald Trump e la crisi del settore auto colpiscono anche le imprese trentine. «Il calo dei volumi c’è - afferma Manuela Terragnolo della Fiom Cgil - Il primo effetto è il taglio dei lavoratori a termine». Poi c’è la cassa integrazione, come alla Sandvik e Pama a Rovereto, Acciaierie Venete a Borgo Valsugana, Fonderia Marchesi e Lincoln Electric nelle Giudicarie. «La cassa viene utilizzata a singhiozzo - aggiunge Luciano Remorini della Fim Cisl - anzi c’è qualche segnale di recupero, soprattutto nella filiera Dana». E, mentre i licenziamenti annunciati alla Mahle Motori piemontese sono stati sospesi fino al 7 febbraio, alla Mahle di Trento (240 addetti) si cerca di attirare nuovi investimenti.

Il condominio Marangoni.

«La visita dei vertici di Vipal è stata positiva ed è servita a mettere le basi per la definizione dell’accordo di partnership» hanno detto i vertici di Marangoni ai sindacati nell’ultimo incontro del 15 novembre scorso. «Hanno messo le mani avanti ma non hanno concluso accordi» osserva Mario Cerutti della Filctem Cgil. I 206 addetti della fabbrica di pneumatici di Rovereto, già scesi di un centinaio di unità rispetto agli oltre 300 del 2016, sono in contratto di solidarietà fino a marzo. Negli spazi liberi della fabbrica, dopo il forfait di Dmack, il proprietario Trentino Sviluppo avrebbe trovato un paio di piccole aziende in settori diversi dagli pneumatici.

La mannaia di Mustier.

L’ultima botta sull’occupazione è il piano industriale annunciato dall’amministratore delegato di Unicredit Jean Pierre Mustier: 8.000 esuberi nel gruppo di cui 5.500 in Italia, dove verranno chiuse 450 filiali. In Trentino Unicredit ha ancora 41 sportelli, molti in piccoli centri, con 311 addetti, già scesi di quasi 150 unità negli ultimi cinque anni. Potrebbero saltare decine di posti, anche se attraverso prepensionamenti. «Quello che temiamo - sostiene Domenico Mazzucchi della Fabi - è che questo piano sia il preludio a lasciare l’Italia».

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