Benassi: «Dolomiti Energia va quotata in Borsa»

di Angelo Conte

Dolomiti Energia? Da soli in Trentino non andiamo da nessuna parte: o cresci o scompari. E per crescere serve la quotazione in Borsa. Le aziende trentine? Abbiamo fior di belle imprese ma il cambio generazionale preoccupa. Il turismo? Il Trentino ha bisogno di alberghi a cinque stelle come il Lefay Resort Dolomiti: così si attira la clientela benestante. Mediocredito? Condivisibile che il territorio abbia un player ma oggi servono banche grandi con la testa da noi. Come Cassa Centrale.

Lino Benassi e Massimo Fedrizzi sono il presidente e il direttore, da poco anche nel cda, della holding La Finanziaria Trentina, società di investimento di 72 imprenditori, professionisti e investitori istituzionali locali che ha appena compiuto 15 anni.

«Siamo un’esperienza originale in Italia, una public company in cui nessuno può superare il 5% del capitale. In un’economia come la nostra bancocentrica e strategicamente fragile, servono private equity e venture capital. Noi facciamo qualcosa del genere».

Perché nell’ottobre 2004 fu costituita La Finanziaria Trentina?

Benassi: All’epoca nascevano occasioni di business nelle aree limitrofe al Trentino e investitori trentini si orientavano in quella direzione. Furono l’allora presidente di Confindustria Gianfranco Pedri e il presidente della Provincia Lorenzo Dellai a immaginare una soluzione trentina. Fu coinvolto anche Claudio Demattè e io, in quel momento libero, mi resi disponibile.
 
Il primo investimento, da allora rimasto sempre il più importante, è stato nell’energia, che dà sempre buoni dividendi.

Benassi: La Finanziaria Trentina, tramite Ft Energia, è tuttora il principale azionista privato di Dolomiti Energia. L’operazione però non nacque come di solito accade su un business ma su un’idea. Del valore aggiunto di Dolomiti Energia, circa 300 milioni di euro, i dividendi sono il 10% e quelli ai privati un ulteriore 10%, circa 3 milioni l’anno. Il pubblico da solo non sarebbe andato da nessuna parte. Si trattava di confrontarsi e di trattare con giganti come Enel e Edison, assistiti da Mediobanca.

Siete preoccupati per le gare sulle concessioni idroelettriche, che entro qualche anno dovrebbero arrivare?

Benassi: Come cittadino sono preoccupato. Come responsabile di una finanziaria non ho motivo di preoccuparmi. Preferisco vincere perché così c’è più beneficio per i territori ma, se non vincesse Dolomiti Energia, il bene strategico, le centrali, resterebbe comunque al territorio mentre a noi verrebbe restituito il valore degli investimenti fatti. Il nodo è che con un campione solo trentino non andiamo da nessuna parte. Ci vuole un campione con base in Trentino ma che cresca fuori. I grandi player del settore poco dopo essere nati sono stati quotati, con la quota pubblica diluita, e sono cresciuti, anche all’estero. Dolomiti Energia dovrebbe quotarsi in Borsa come “conditio sine qua non” per crescere.

Di recente Dolomiti Energia ha avviato iniziative comuni con l’altoatesina Alperia e si è mossa insieme per possibili fusioni o acquisizioni in Veneto.

Benassi: Un’aggregazione fra Trento e Bolzano nell’energia sarebbe la più bella d’Europa ma non sembra essere la scelta degli enti pubblici. La crescita della clientela fuori provincia però è essenziale. La produzione idroelettrica è strategica ma ballerina: dipende dalla pioggia, dal prezzo internazionale dell’energia, dal futuro delle concessioni, tutte cose che non possiamo controllare. La clientela dà meno margini ma è più stabile. Di fronte a player tra i 4 e gli 8 miliardi di fatturato come A2A, Hera, Iren, o cresci o scompari. Le gare non devi farle solo qui, devi andare a casa loro e vincerle.

Gli investimenti della Finanziaria Trentina in questi anni hanno lasciato da parte immobiliare e infrastrutture e si sono orientati maggiormente sull’industria.

Benassi: Anche sulle infrastrutture, come il Tunnel del Brennero, avevamo puntato sulla partnership pubblico-privato ma non è venuto fuori nulla. Sull’immobiliare abbiamo fatto la scelta strategica di non investire, una scelta che ha pagato.

Fedrizzi: Proprio con la crisi e con il crollo dei prezzi immobiliari ci sarebbero state opportunità. Per questo avevamo costituito Ft Real Estate ma l’unico investimento fatto è stato quello nelle celle ipogee di Tassullo, da cui ora siamo usciti. Il problema è che noi avevamo una visione ribassista ma in Trentino e in Italia non veniamo da una cultura della crisi immobiliare, dove periodicamente i prezzi scendono offrendo nuove occasioni. Da noi c’è stato il crollo delle transazioni, non dei prezzi, che ci hanno messo dieci anni a scendere.

Qual è la logica in base alla quale scegliete gli investimenti?

Benassi: La Finanziaria Trentina entra in una società in ottica di uscire, siamo parenti del private equity. L’operazione deve avere un suo equilibrio e una sua ragionevolezza. Noi rompiamo il ghiaccio, facciamo lo sparring partner. È un modello che funziona: muoviamo risorse di parecchi imprenditori. In Trentino ci sono fior di belle imprese, poco conosciute, che esportano e guadagnano. Molte però sono in mano alla vecchia generazione. Il cambio generazionale preoccupa. Se arriva il private equity da fuori, porta via la testa dell’impresa. L’obiettivo invece è mantenere la testa in Trentino.

Tra gli investimenti più recenti c’è quello in Marangoni Meccanica.

Benassi: L’operazione su Marangoni Meccanica ci è piaciuta perché questa azienda è un unicum: fa macchinari per gomme speciali e in questo campo non ha concorrenti. Nell’ultimo periodo ha sofferto anche per i problemi del gruppo Marangoni. Ma si tratta di due mercati diversi. Abbiamo un nuovo vertice e un nuovo management. Nel breve periodo sono stati confermati gli ordini, il secondo semestre è migliore del primo. L’anno prossimo vedremo.

Fedrizzi: Marangoni Meccanica lavora su grandi commesse, costruisce veri e propri impianti da 30-40 milioni per i quali servono due anni. Il grande produttore che ordina il macchinario chiede garanzie. Speriamo che il sistema bancario ci segua, quello che serve più che il finanziamento è la fideiussione.

Avete investito nel settore turistico, funivie e alberghi. Quale è la vostra strategia?

Benassi: Il turismo è strategico per il Trentino ma qui non ci sono alberghi a cinque stelle, è un “nonsense”. L’esperienza Lefay è quello di cui abbiamo bisogno: un resort di altissimo livello per attirare la clientela di lusso.

Fedrizzi: I nostri riferimenti sono la finanza e la trentinità. L’investimento Lefay dà margine al territorio. Pensiamo alle maestranze: 100 persone, per metà del territorio, che lavorano 11 mesi l’anno. Non si portano via clienti agli altri alberghi di Pinzolo, il 70% della clientela è straniera. Abbiamo investito non sulla singola struttura ma sul brand Lefay, quindi anche su Lefay Lago di Garda che in dieci anni ha raggiunto risultati incredibili.

Il sistema bancario locale è in fase di grande trasformazione. Le Casse rurali sono entrate in un gruppo nazionale con la testa a Trento. Si discute di Mediocredito Trentino Alto Adige, che tra l’altro è vostro azionista, della sua territorialità e anche di un possibile coinvolgimento degli imprenditori locali nella sua compagine sociale. Cosa ne pensate?

Benassi: Il nostro territorio ha avuto la fortuna di avere banche locali come le Casse rurali. Nel momento della crisi, però, le Casse rurali hanno mostrato i propri limiti, primo fra tutti la non diversificazione degli asset. Ora c’è stata la concentrazione nel gruppo Cassa Centrale Banca. È un bene che uno dei dieci maggiori poli bancari nazionali abbia la testa a Trento. Mediocredito è una banca d’affari che sostiene l’impresa con denaro stabile. In un contesto piccolo fa fatica e infatti già ora gran parte della sua attività è fuori provincia. Dal punto di vista della raccolta, sarebbe instabile senza una rete di riferimento come è il gruppo Cassa Centrale. Se noi entrassimo con una piccola quota nel capitale, non cambierebbe granché.

La Provincia però sta ragionando se mantenere una presenza societaria in Mediocredito.

Fedrizzi: È condivisibile che il territorio abbia un player bancario. In Alto Adige ce ne sono tre ma hanno intrinseche debolezze. Oggi servono dimensioni grandi: l’operazione Carige di Ccb è una bella operazione. Se il pubblico mantiene una quota in Mediocredito va benissimo purché non gestisca. Per la gestione servono bravi manager.

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