La fabbrica di Rovereto che produce solo ghiaccio e che va a gonfie vele

Dalle definizioni più negative (cuore di ghiaccio, occhi o maschera di ghiaccio) a quelle più positive (rompere il ghiaccio) fino alle sfumature più poetiche, che vedono nel ghiaccio una fase in cui l’acqua si è addormentata. Il ghiaccio, forma solida dell’elemento cui dobbiamo la vita, l’acqua, nelle torride giornate di questa estate ci evoca refrigerio e fuga dal caldo. Tanto che ricorriamo abbondantemente ai cubetti di ghiaccio per raffreddare le bevande più in fretta e per tenerle fredde anche durante la degustazione, se lenta. Operazione tanto più importante per i cocktail e i drink. Ma non tutti i cubetti sono uguali. Per forma, durata, qualità. Lo sappiamo bene quando troviamo la nostra bibita alterata dal repentino scioglimento dei cubetti o percepiamo che la qualità dell’acqua dalla quale sono nati non è elevata. Da tutte queste considerazioni sono partiti i protagonisti di questa recente storia di impresa che non poteva che chiamarsi «Ice Top» e che nasce a Rovereto (con materia prima di Levico). Ice Top, sei lettere, due parole, che dicono molto, ma non tutto.

Il resto ce lo racconta Matteo Colombi, responsabile commerciale e marketing: «Io sono originario di Cremona e ho lavorato a lungo in società del settore beverage. Con Mauro Franzoni, presidente di Levico Acque, abbiamo avuto questa intuizione. Perché non produrre in Trentino cubetti di alta qualità con l’acqua di Levico che sgorga a 1600 metri di quota?». Certamente un settore di nicchia, ma con praterie libere davanti e il brand dell’ambiente trentino e della qualità delle sue acque da tirarsi dietro. Ice Top è il marchio figlio della società Ghiacciopuro. Il management è composto da Franzoni, presidente, Colombi, responsabile commerciale e marketing, Alberto Chini, amministratore tecnico e responsabile della produzione. In azienda, che ha sede in Via delle Fornaci a Rovereto, un’impiegata amministrativa e due addetti all’insacchettamento dei cubetti di ghiaccio. «Il nostro stabilimento è altamente automatizzato» racconta Colombi. «Abbiamo iniziato la produzione lo scorso maggio. Produciamo 60.000 kg di ghiaccio alla settimana, utilizzando la tecnologia giapponese Hoshizaki, a cella chiusa, che permette di avere un basso coefficiente di scioglimento dei cubetti, tutti a spigolo vivo, senza cavità, che beneficiano dell’acqua di Levico, che è purissima e poco mineralizzata». Anche l’occhio vuole la sua parte. Estetica e funzionalità entrano anche nei cubetti di ghiaccio destinati a bar e ristoranti, come in qualsiasi prodotto che voglia ritagliarsi uno spazio. Ci sono quattro formati. L’85% della produzione è rappresentato dal cubetto tradizionale, da 23 grammi, 2,8 cm per 2,8 per 3,2. Un altro 10% è fatto dai piccoli parallelepipedi denominati pilè, per i drink caraibici. Altri cinquecento pezzi al giorno sono invece costituiti da sfere cristalline da 45 grammi e da cubotti più grandi.

Sono tutti cubetti che si sciolgono nel triplo del tempo rispetto alla media. «Il nostro mercato – aggiunge Colombi – è partito con il Trentino-Alto Adige e ci siamo subito allargati, all’inizio dell’estate, lungo le sponde veronesi e bresciane del Garda, ma i nostri distributori stanno lavorando bene a Milano, in Emilia Romagna e ora anche in Toscana. In 72 ore riusciamo a evadere qualsiasi ordine». Serve, naturalmente, una rigida logistica del freddo: nello stabilimento di Rovereto i cubetti, confezionati in sacchetti da 2 kg o in blister alimentari da 24 pezzi, vengono imballati a temperatura fredda e resa secca da evaporatori, in modo da non attaccarsi tra loro, e stoccati in pallet in celle da -25° di temperatura. A camion refrigerati spetta il trasporto, ai baristi la conservazione nei pozzetti per surgelati. D’inverno il mercato è rappresentato soprattutto dai locali serali. «In Italia – chiude Colombi – ci sono almeno 130 piccoli produttori di ghiaccio. Di solito sono gli stessi che producono i macchinari. Ma a livello industriale ce ne sono 5-6 e che utilizzano acqua minerale come noi ce ne sono soltanto altri due».

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