Lavoratori, stipendi fermi a 1.372 euro. Le donne guadagnano il 28% in meno

di Francesco Terreri

Negli ultimi due anni il tasso di occupazione in Trentino è cresciuto dal 66,1 al 67,6%. L'occupazione femminile è aumentata dal 59,8 al 62,1%. La disoccupazione è scesa dal 6,9 al 5,7%. Non è andata così bene però agli stipendi dei lavoratori. Nel 2017 la retribuzione netta media mensile dei dipendenti è stata in provincia di 1.372 euro, neanche 50 euro in più della media nazionale che si attesta a 1.324 euro e decisamente meno di Bolzano, al top tra le province con 1.500 euro medi mensili. Due anni fa lo stipendio medio trentino era di 1.358 euro, nel 2016 era salito, si fa per dire, a 1.360 euro. In due anni l'aumento è di appena l'1%, non segue neanche la bassissima inflazione. A Bolzano invece gli stipendi sono cresciuti in due anni del 3,2%. L'unico dato che il Trentino ha in comune con l'Alto Adige è il gap tra i generi: le donne guadagnano in media il 28% in meno degli uomini.

Le dinamiche del mercato del lavoro nelle province italiane sono analizzate per il terzo anno dall'Osservatorio statistico dei consulenti del lavoro, che hanno presentato il rapporto 2018 al Festival del lavoro di Milano. I consulenti del lavoro definiscono un indice sintetico di efficienza e di innovazione del mercato del lavoro basato su cinque indicatori: tasso di occupazione, tasso di giovani che studiano e lavorano, rapporto tra occupazione maschile e femminile, quota di occupati che esercitano professioni altamente qualificate, quota di lavoratori con contratti standard cioè stabili. Al primo posto fra le province italiane più efficienti nel favorire la partecipazione al mercato del lavoro si colloca Bologna, pur non primeggiando in nessuno dei cinque indicatori. Sia Bolzano, dodicesima, che Trento, quattordicesima, sono a un livello molto elevato.

Nelle retribuzioni però le cose in Trentino non vanno così bene e in questo pesa uno dei cinque indicatori dell'indice, il tasso di contratti stabili, perché a Trento sono in aumento i contratti non standard, che comprendono gli assunti a termine, i collaboratori, gli autonomi e anche i lavoratori che fanno un tempo parziale «involontario» a tempo indeterminato, cioè i sottoccupati part time. I contratti precari in provincia sono aumentati dal 33,8% del totale nel 2015, sotto la media nazionale del 35,8%, al 36,4% del 2017, più elevato della media nazionale, ferma al 35,8%. I lavoratori precari, confermano i consulenti, lavorano mediamente con salari più bassi e sono maggiormente esposti al rischio di povertà.

Sulle retribuzioni, nel 2015 a Trento lo stipendio medio mensile netto dei lavoratori dipendenti era di 1.358 euro, rispetto ai 1.498 euro di Varese, prima, e ai 1.453 di Bolzano, allora terza. Le donne guadagnavano in media 1.195 euro, il 21,2% in meno dei 1.515 euro degli uomini. La media nazionale era di 1.313 euro, con 1.153 euro per le donne e 1.444 per i maschi. Nel 2016 lo stipendio medio dei trentini era praticamente fermo a 1.360 euro, mentre Bolzano passava al primo posto a 1.476 euro (1.315 la media nazionale). Il gap di genere migliorava di poco al 20,6%. Nel 2017 la retribuzione mensile registra un piccolo aumento dello 0,9% a 1.372 euro, mentre la differenza tra stipendi maschili e femminili balza al 28%.

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