La Svezia cerca cervelli, il Trentino la aiuta

di Domenico Sartori

«Ci piacerebbe che le strutture pubbliche, prima di pubblicizzare le richieste di personale di aziende straniere, aiutassero concretamente le imprese locali a trovare i profili richiesti e fare crescere l’economia locale».

Marco Podini, vicepresidente di Confindustria Trento e presidente di Dedagroup, esprime, a nome della organizzazione delle imprese industriali trentine, la «propria perplessità di fronte all’iniziativa di Eures, portale europeo della mobilità professionale presso l’Agenzia del Lavoro di Trento, che ha diffuso la notizia del reclutamento di personale del settore dell’informatica per conto di un’azienda con sede in Svezia».

La giornata del reclutamento si svolge oggi, presso la sede dell’Agenzia provinciale dove sarà svolta la selezione per 23 posti disponibili nell’ambito del Network Security. L’Adige sull’iniziativa dell’Agenzia del lavoro, rilanciata da Trentino Sviluppo, ha raccolto l’aspra critica di Fernando Guarino, ex dirigente del Servizio università e ricerca della Provincia («Se un territorio rinuncia alle sue migliori risorse, che ha formato, si avvia al declino») e le posizioni sia del segretario generale della Cgil del Trentino, Franco Ianeselli, sia dell’assessora all’universitàe  ricerca Sara Ferrari. Entrambi, riconoscendo la legittimità dell’operato dell’Agenzia provinciale («perché il mercato del lavoro è europeo e globale») hanno rimesso la palla nella metà campo delle imprese.

Ianeselli, in particolare, ha attaccato: «I giovani trentini vanno all’estero perché trovano occasioni che qui non ci sono. In Trentino, l’impresa offre al giovane laureato tirocini da 400 euro al mese, mentre in Germania o in Svezia le aziende offrono stage e lavoro con remunerazioni ai loro livelli».

«Siamo i primi a dire ai nostri giovani di fare esperienza all’estero» spiega Marco Podini «e possibilmente di tornare in Trentino arricchiti da un bagaglio culturale e professionale che consenta loro di realizzare percorsi lavorativi ricchi di soddisfazioni. Ma stiamo anche dicendo da anni, come ci segnalano le aziende associate, che nel settore dell’informatica si fatica a trovare personale. Le aziende» aggiunge il vicepresidente di Confindustria «offrono più posti di lavoro di quanti siano i lavoratori disponibili, anche perché il settore è in costante crescita».

E la conferma arriva proprio dal gruppo di Podini. Dedagroup, 230 milioni di fatturato, ha 1.700 addetti, di cui poco meno di 300 in Trentino. «Ma abbiamo bisogno di nuove figure» spiega Podini «soprattutto nel comparto del fashion, trainato dai brand della moda, dove operiamo con Dedagroup Stealth. Abbiamo un programma di assunzioni straordinarie: 80 fatte nel 2017, altre 50 quest’anno». Proprio ieri, Dedagroup ha avviato la propria Digital Academy, due corsi di formazione per 24 giovani under 28, da formare e inserire in azienda.

E sul come la Provincia dovrebbe aiutare di più le imprese locali, piuttosto che quelle svedesi, in Confindustria ricordano le iniziative avviate sia con l’Istituto tecnico Buonarroti, sia con il Dipartimento di ingegneria e scienza dell’informazione dell’Università di Trento, per intercettare i giovani in formazione e metterli in contatto con le aziende. «Aziende che nel periodo della crisi» dice Podini «hanno continuato ad assumere, anche assorbendo da altri settori in difficoltà. E che da due anni, con la ripresa, hanno ancora più bisogno di personale qualificato». Da qui le perplessità sull’iniziativa della Provincia che attraverso l’Agenzia del lavoro supporta il reclutamento per un’azienda svedese.


 

FUGA DI CERVELLI: COLPA ANCHE DELLE IMPRESE

«Ma non fa scandalo che l’Agenzia del lavoro di Trento faccia selezione di personale per un’azienda svedese, il problema è quello della reciprocità» dice Franco Ianeselli, segretario generale della Cgil del Trentino. E l’assessora all’università e alla ricerca, Sara Ferrari, aggiunge: «Va rovesciata la prospettiva. Più che reclutare personale per l’azienda svedese, l’Agenzia del lavoro cerca uno sbocco occupazione per i giovani trentini altamente formati che qui trovano un mercato saturo».

Ha fatto scalpore che l’Agenzia del lavoro di Trento, col supporto di Trentino Sviluppo, holding della Provincia autonoma, partecipi al reclutamento di 23 tecnici informatici di livello, ricercati da un’azienda svedese del Network Security: venerdì è scaduto il termine di invio dei curriculum, domani ci sarà poi il giorno del reclutamento presso la sede dell’Agenzia. L’ex dirigente del Servizio università e ricerca della Provincia, Fernando Guarino, ha definito «paradossale» l’operazione (l’Adige del 6 marzo, ndr), facendola rientrare in un contesto di sottovalutazione, da parte della Giunta Rossi e dell’assessore Olivi, dell’impatto che la conoscenza ha sullo sviluppo, soprattutto considerando che il settore Ict e dell’intelligenza artificiale, che ha portato il Trentino a conquistare nel 2011 il nodo Eit, è sempre stato sostenuto con convinzione, da Kessler a Dellai. «Se un un territorio rinuncia alle sue migliori risorse, che ha formato, si avvia al declino» è la denuncia di Guarino.

«L’Agenzia del lavoro» osserva Ianeselli che fino al 2015 ne è stato consigliere di amministrazione «partecipa al progetto Eures, e da sempre a livello europeo ci sono queste iniziative di reclutamento e di career day». Tutto bene, quindi? «Da questo punto di vista, sì: siamo in un mercato del lavoro europeo, il nostro punto di vista» dice il sindacalista «non può essere quello per cui uno studia a Trento, lavora a Trento e passa tutta la vita in Trentino.
In passato, l’Agenzia del lavoro ha supportato il reclutamento di infermieri da parte di aziende tedesche...». Il problema, per Ianeselli, è quello della «reciprocità», dell’attrarre giovani dall’estero. «E qui» dice «le cose sono meno rassicuranti: i giovani trentini vanno all’estero perché trovano occasioni che qui non ci sono. Guarino è molto critico verso la Provincia, io lo sono piuttosto verso le imprese. In Trentino l’impresa offre al giovane laureato tirocini da 400 euro al mese, mentre in Germania o in Svezia le aziende offrono stage e lavoro con remunerazioni ai loro livelli». È da questo punto di vista che preoccupa la «fuga di cervelli» trentini: «C’è più un flusso in uscita, verso nord, che in entrata. Ma non diamo tutte le colpe alla Provincia» aggiunge Ianeselli.

«Il mercato è europeo e globale, e ciò che la parte pubblica può fare» considera l’assessora Ferrari «è formare, specializzare, rendere i giovani competitivi. Il fatto è che il mercato del lavoro trentino non è abbastanza grande per assorbire tutte le competenze formate». Anche Sara Ferrari chiama in causa le imprese: «Va chiesto alle aziende trentine se sono in grado di offrire ai ragazzi specializzati le stesse condizioni che gli offrono all’estero. Nessun scandalo per me. Oggi, i giovani spaziano dappertutto. Il tema, allora, è quello di un accordo tra sistema della formazione e sistema delle imprese, che permetta di intercettare le competenze che servono».

E l’esclusione dell’Ict dai macro ambiti strategici delle Smart specialization? «Non è vero che ci sia un riduzione di impegno sull’Ict» risponde Ferrari «Fbk e Dedagroup continuano a sottoscrive accordi di collaborazione per la formazione di personale qualificato. C’è solo stata una evoluzione dell’investimento pubblico in Ict, dopo il periodo di forti investimenti sul nodo Eit digital.

E da lì sono partite molte imprese. Il pubblico deve progressivamente ritirarsi e lasciare spazio al privato. È il sistema Paese, non il Trentino, che deve competere con Germania e Francia. E ricordo che il presidente di Fbk (Fondazione in gran parte ancora sostenuta dalla Provincia), Francesco Profumo, ha ribadito che il focus è sull’intelligenza artificiale. Altro che abbandono». Do. S.                                                

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