Landini: contro il Jobs Act la Fiom pronta al referendum

Il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, rilancia la battaglia contro il Jobs Act, una riforma che «peggiora le condizioni dei lavoratori e sulla quale si può arrivare anche a promuovere un referendum abrogativo».

Con le mobilitazioni dei prossimi giorni e la manifestazione annunciata a Roma per il 28 marzo «stiamo facendo un’operazione decisiva per dire al genio di Firenze: “Stai sereno perché non è finita qui” e lo diciamo anche alle imprese». Ha aggiunto Landini, poco fa, concludendo l’assemblea nazionale dei delegati del sindacato, a Cervia(Ravenna).

Sul fronte della contestazione alla riforma del lavoro, ha proseguito Landini, «stiamo facendo sul serio, sappiamo quello che ci giochiamo: la manifestazione del 28 marzo è un passaggio importante e decisivo, è una manifestazione aperta a tutti quelli che ci vogliono essere».

«Io penso - ha argomentato Landini - che il messaggio di fondo di questa assemblea che dobbiamo dare ai metalmeccanici ma anche fuori di noi è che la partita non è assolutamente chiusa e che non c’è più niente da fare. Il Jobs Act è legge e questo è un problema in più ma quando ci sono leggi sbagliate ti poni il problema di come fare a cambiarle e sostituirle».

Contro il Jobs Act, dunque, la Fiom è pronta anche ad andare ad un referendum abrogativo. A giudizio di Landini «l’attacco alla Fiom e alla Cgil», da parte dell’esecutivo guidato da Matteo Renzi «non avviene perché improvvisamente gli stiamo sulle scatole ma avviene per quello che abbiamo fatto e che facciamo: siamo ancora in campo e non ci fermiamo».

Riferendosi, invece, al processo di creazione di una cosiddetta coalizione sociale che rilanci le politiche di sinistra in Italia, Landini ha poi aggiunto che quando il governo «dice alle imprese “potete licenziare”, non sta costruendo, da parte sua, una coalizione sociale, non sta costruendo consenso? Negli ultimi cinque anni hanno chiuso 90 mila imprese, per quei lavoratori e quelle persone lì che non hanno più fabbrica e ammortizzatori sociali, cosa facciamo? Li lasciamo andare, non li seguiamo più? Perché, invece, non li portiamo sotto palazzo Chigi, sotto l’ufficio di Poletti per discutere degli ammortizzatori?».

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