Montagna / Il dibattito

Chilometri di tubi per i rifugi a secco: manca l’acqua, ma i turisti pretendono docce e servizi da hotel

Nicolini: "Non va bene pretendere docce ed acqua a volontà come se ci si trovasse in un albergo in valle". Gallazzini, dall'Adamello: "siamo a 2450 metri, ma si sta in maniche corte". Emanuele Tessaro, gestore del rifugio Brentari in Cima d'Asta: “Ci stiamo impegnando il più possibile per moderare il consumo d'acqua"

PROTESTA Gardeccia, il titolare del rifugio all'attacco

TRENTO. C'è chi ha accorciato i tempi delle docce a gettone, e chi invece usa delle bacinelle per lavare i piatti limitando al massimo l'uso dell'acqua corrente, chi cerca di spiegare che l'acqua in quota è merce rara e preziosa, e perfino chi, per riuscire a captare un rivolo essenziale arriva a tirare anche 2,5 chilometri di tubi tra le montagne.

È il caso del gestore del Pedrotti, in Brenta, Franz Nicolini, che mostra con rassegnazione il lungo serpentone di gomma che darà sollievo, almeno per un po', al suo rifugio. L'estate 2022 va molto bene dal punto di vista delle affluenze turistiche, ma va molto male per quanto riguarda l'approvvigionamento idrico.

Va detto, innanzitutto, che in montagna l'acqua è scarsa. A dispetto delle pubblicità e dei pregiudizi che associano valli verdi e boschivi a torrenti e cascate, in alta quota l'acqua arriva o dall'alto come pioggia, o dal basso come sorgenti in quota e scioglimento delle nevi o dei ghiacciai. Quest'anno, se si somma l'assenza di precipitazioni di una certa importanza a partire da novembre scorso a nevai e ghiacciai ormai allo stremo, il risultato è facilmente prevedibile: poca acqua da gestire con estrema cura.

Franz Nicolini, gestore del rifugio Pedrotti alla Tosa, in Brenta, è sconsolato: «A volte sembra che giù in valle siate sordi ai nostri problemi: la situazione dell'acqua è sempre stata seria, ma quest'anno lo è ancora di più e per cercare di affrontarla serve più consapevolezza, che ognuno sappia rinunciare a qualcosa. Non va bene pretendere docce ed acqua a volontà come se ci si trovasse in un albergo in valle. Sono orgoglioso di gestire un rifugio per raggiungere il quale bisogna camminare quattro ore, non ha senso "addolcire" la montagna per far contenti tutti e soddisfare ogni esigenza, perché la montagna è soprattutto libertà».

Anche al rifugio Città di Trento al Mandron la situazione è grave. «In oltre quarant'anni - spiega il gestore Davide Gallazzini - non si è mai visto il Lago Scuro in queste condizioni, è sotto di dieci metri. La sua acqua ci serve sia per bere che per la turbina idroelettrica e siamo in apprensione». E riprende: «Il rifugio è a 2450 metri, ma fa molto caldo, si sta in maniche corte, ed il ghiacciaio è nero fin sulla cima dell'Adamello. Gli escursionisti? Alcuni capiscono, ma sono tanti quelli che pretendono le docce come se fosse normale. É difficile spiegare loro che un rifugio non è un albergo».

Anche il Lago di Cima d'Asta è sotto il livello normale. «Lo teniamo monitorato - spiega Emanuele Tessaro, gestore del rifugio Brentari in Cima d'Asta - e ci stiamo impegnando il più possibile per moderare il consumo d'acqua, sia in cucina che in sala che con i clienti. L'utilizzo dei rubinetti viene fatto a fascia oraria e cerchiamo di limitare l'uso dell'acqua corrente allo stretto indispensabile. Per bere di solito utilizzavamo una sorgente che in questo periodo aveva ancora un po' di portata ma adesso è in secca, mentre il lago è sotto di circa 60 centimetri». Ma «Siamo riusciti a trovare un altro filetto d'acqua, e per qualche tempo ce la possiamo fare».

Duilio Boninsegna, gestore del rifugio Pradidali nelle Pale di San Martino cerca di essere ottimista. «Non sappiamo ancora se è acqua dal nevaio o da quel che resta del ghiacciaio della Fradusta - ammette - ma per ora ci permette di andare avanti, razionando il più possibile ed evitando gli sprechi, così con questa piccola presa si andrà avanti ancora per qualche giorno e poi si vedrà. Certo è che in trent'anni non era mai accaduto nulla del genere. Quanto agli escursionisti, si devono adattare, anche se è difficile far capire loro che l'acqua non si può inventare, che non c'è alternativa. In molti, soprattutto italiani, pensano che l'acqua sia a disposizione come a valle, con gli acquedotti».

E prosegue: «Già la nostra stagione è breve: questa situazione rischia di ripetersi, e bisogna fare qualcosa, probabilmente pensare a vasche di accumulo o cose simili, investimenti importanti».

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