Alpinismo / L’avventura

La pazzesca impresa di due trentini: tutti i «quattromila» delle Alpi (sono 82) scalati in 80 giorni consecutivi

Gli aspiranti guida Gabriel Perenzoni, 37 anni, e Nicola Castagna, 26 hanno compiuto l’exploit: «Ma per il Covid abbiamo dovuto fermarci a fare i tamponi ad ogni confine...»

di Tommaso Gasperotti

VAL LAGARINA. Sono rientrati a casa da pochi giorni. Ma l'emozione che si rincorre nei loro occhi è più viva che mai. Gabriel Perenzoni, 37 anni, e Nicola Castagna, 26, aspiranti guide alpine del Collegio del Trentino - roveretano ma di casa a Mori il primo, bresciano trapiantato a Pinzolo il secondo - hanno portato a termine "Altavia4000", il sogno di scalare tutti gli 82 quattromila delle Alpi.

«Siamo partiti il 4 maggio scorso e in 80 giorni abbiamo raggiunto le vette più belle e ambite dell'arco alpino: un progetto nato come un sogno è diventato così una grande avventura» racconta Perenzoni. Che per ripercorrere le tante emozioni vissute prende in prestito le parole dell'alpinista britannico Georgie Mallory: «Ciò che queste avventure ci regalano è pura gioia. E in definitiva la gioia è lo scopo della vita».

Un'impresa che prima di loro solo pochi mostri sacri dell'alpinismo erano riusciti a completare. I francesi Patrick Berhault e Philippe Magnin nel 2004 dovettero rinunciare dopo la sessantaseiesima cima, a seguito del cedimento di una cornice nevosa che si portò via Berhault.

Poi, fu la volta dello sloveno Miha Valic, il primo a conquistare le 82 cime delle Alpi in 102 giorni. Nel 2008 i trentini Franco Nicolini e Diego Giovannini riuscirono nell'impresa in soli 60 giorni, mentre nel 2015 tocca all'alpinista svizzero Ueli Steck con il progetto "82 Summits" concatenare tutti i "Quattromila" in 62 giorni.

Come precisano però Perenzoni e Castagna: «La nostra è stata un'avventura vissuta in maniera libera e personale, senza rincorrere alcun record. Alcune vette le abbiamo raggiunte con gli sci d'alpinismo, altre le abbiamo scalate: in totale abbiamo percorso 82.350 metri di dislivello e 737 chilometri a piedi o con gli sci, per 410 ore di attività in montagna».

La giornata più lunga? «L'ultima. Siamo stati in movimento 18 ore continuative». In cima al Lauterhaarhorn, ultima tappa del viaggio, hanno lasciato le loro firme sul libro di vetta: «Solo in quel momento ci siamo resi conto di avercela fatta», sorridono.

La prima cima, a inizio maggio, è stata il Gran Paradiso, in quel periodo in piena zona rossa. Ad aspettarli, alla base di ogni quattromila, il loro van California caricato all'impossibile: due paia di sci a testa, scarponi, piccozze, pelli di foca, ramponi, fornelli, sacchi a pelo e tutto l'equipaggiamento necessario. «A causa della situazione sanitaria tanti rifugi erano chiusi e i bivacchi ad accesso limitato. Fino a fine giugno abbiamo usato pochissimi punti d'appoggio».

Oltre alle restrizioni dettate dal Covid-19 «abbiamo dovuto fare tamponi su tamponi per passare da un confine all'altro», ricordano i due amici. Gabriel e Nicola hanno affrontato un maggio a dir poco "invernale", con tanta neve e temperature rigidissime.

«Sul Monte Rosa erano meno 20 gradi, con punte di vento che soffiavano ai 120 all'ora. Le rocce erano incrostate dal ghiaccio, sembravano di vetro, impossibili da impugnare», racconta Gabriel.

L'improvviso caldo di giugno, invece, ha dato il via ad altre difficoltà, tra valanghe e crepacci che si aprivano all'improvviso. «In Francia, sulla Barre des Ecrins, uno seracco ci ha sfiorato, cancellando tutte le tracce dietro di noi: ci siamo giocati un bel jolly. In 82 giorni almeno quattro volte blocchi di ghiaccio ci sono franati a pochi metri».

La carta in più è stata la programmazione, rigorosa e attenta soprattutto a livello meteorologico. «Abbiamo sempre cercato le finestre di bel tempo, calcolando le condizioni migliori per le ascese, studiando i venti e i bollettini valanghe, ascoltando i consigli di amici e guide. In una stagione davvero piena di insidie: dal 12 al 18 luglio ci siamo dovuti fermare perché sul Monte Bianco continuava a nevicare».

Le emozioni più belle? «Ogni cima è stata grandiosa. Con paesaggi incredibili e stati d'animo contrastanti, che univano gioia immensa a difficoltà estreme: dagli ambienti "himalayani" delle Alpi bernesi alle mitiche salite del Monte Bianco, tra cui la cresta del Brouillard e la traversata delle Grandes Jorasses, per concludere in Svizzera con il Schrekhorn e il Lauterhaarhorn: negli ultimi 5 giorni abbiamo scalato 15 quattromila».

E ora? «Qualche giorno di riposo e torneremo a lavorare tra le nostre montagne, con la passione di sempre e un grande sogno realizzato».

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