Montagna / Val di Fassa

Il nuovo rifugio Boè ritorna a splendere fra le vette

Riaperto dopo tre anni di lavori lo storico locale che si trova in un incantevole scenario fra Sella e Pordoi. Alla parte storica ristrutturata (ma esternamente rimasta simile a prima) si affiancano ora un locale nuovo e impianti tecnologici d'avanguardia per migliorare sostenibilità ambientale e comfort per gli escursionisti

VALLE DI FASSA. Ci sono voluti tre anni di lavori. Tre anni intensi (e molto più corti di quelli canonici di 365 giorni), come possono esserlo solo quelli lavorati a quasi 3.000 metri di quota, dove a "comandare" più che la disponibilità delle risorse e la volontà dei lavoratori, è la Natura, con la durezza dell'ambiente e i capricci del tempo atmosferico.

Ciò premesso, dopo tre anni di lavori, in questi giorni ha riaperto, rinnovato e ricco di tecnologie, il Rifugio Boè, il presidio alpino della Sat a quota 2.873, gestito da oltre trent'anni dalla famiglia Vaia. Per rendere l'idea di cosa sia stato eseguire un intervento di questo tipo con tutte le difficoltà del caso, l'Apt Val di Fassa ha realizzato un video in collaborazione con la Società Alpinisti Tridentini.

«È una grande soddisfazione riconsegnare il Rifugio Boè al popolo degli alpinisti, a tutta la Val di Fassa e alla comunità trentina» afferma Sandro Magnoni, presidente della commissione rifugi della Società Alpinisti Tridentini, nel video.

Il nuovo Boè rappresenta la principale novità in quota dell'estate fassana che come da tradizione, proprio oggi, dà il via alla stagione dei rifugi, alcuni dei quali già aperti da qualche giorno, complici le alte temperature che stanno sciogliendo la neve ancora presente in diverse zone oltre i 2.500 metri. Per il Boè ci sono volute tre estati di lavoro intenso.

«È stata una corsa contro il tempo - spiega Luca Mazzel, della Costruzioni Mazzel - dato che si tratta di un cantiere estremo, in cui meteo, logistica e trasporto materiali sono le variabili con cui bisogna misurarsi sempre. Vedere l'opera conclusa ci rende felici, perché per noi che siamo fassani lavorare in mezzo alle nostre montagne è motivo d'orgoglio».

Si tratta di un intervento che ha affiancato alla parte storica del rifugio (che esternamente è rimasta simile e che ospita, tra il resto, una saletta arredata in legno, con tanto di maxischermo, per effettuare corsi di formazione), un corpo nuovo e tecnologie innovative per una maggiore sostenibilità ambientale e un maggiore comfort per gli escursionisti.

«Si tratta dell'intervento più significativo della Sat» sottolinea Livio Noldin, responsabile tecnico della società alpinistica. Per questo si punta, appena possibile, a un'apertura invernale, da fine febbraio ad aprile.

Finalmente, dopo un'estate (quella passata) di totale chiusura per la presenza del cantiere, anche Lodovico Vaia, guida alpina e gestore del rifugio da oltre trent'anni assieme a moglie e figlie, ha a disposizione una struttura nuova e più accogliente.

«Abbiamo voglia di rimetterci subito al lavoro in questo rifugio, che consideriamo la nostra casa, e che oggi è davvero molto confortevole», dichiarano Elisa e Valentina Vaia, da diversi giorni al Boè per sistemare tutto per l'apertura.

Il rifugio Boè si trova al centro del gruppo del Sella in un ampio e arido pianoro dall'aspetto lunare, in questo angolo delle Dolomiti crocevia dei confini fra le tre province di Trento, Bolzano e Belluno.

Anche questo come tutti i primi rifugi sorti nelle Dolomiti fu costruito da una sezione del DuÖAV (Deutscher und Österreichischer Alpenverein) nel lontano 1898.

Fu la sezione di Bamberga ad erigerlo, in muratura e con un'ampia veranda: era noto come Capanna di Bamberga al Boè.

Devastato nel corso della Prima Guerra mondiale, nel 1921 passò alla Sat (Società Alpinisti Tridentini) insieme ad altri 13 rifugi, sempre del Doav: la SAT nel 1924 lo rese nuovamente agibile col nome di Rifugio Boè.

Negli anni successivi il rifugio fu ampliato in più occasioni con l'aggiunta di vari corpi, ora in muratura, ora in legno.

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