Il caldo artico e le sue terribili conseguenze

Uno straordinario ed esclusivo viaggio in Artico, il luogo più fragile del pianeta. Il cambiamento climatico e le sue terribili conseguenze saranno al centro della puntata di PresaDiretta intitolata Caldo Artico, in onda lunedì 10 settembre alle 21.15 su Rai3.

Questa estate intere zone del pianeta hanno vissuto condizioni climatiche estreme, incendi, alluvioni, siccità e bombe d'acqua. Dal Giappone alla Scandinavia, Italia compresa.

Le telecamere di Presadiretta hanno potuto seguire lo straordinario lavoro degli scienziati italiani della base artica del Cnr per vedere da vicino gli effetti amplificati del global warming. In Artico glaciologi, climatologi, fisici dell'atmosfera e chimici studiano da più di vent'anni il clima che sta drammaticamente cambiando. L'artico non funziona più da regolatore termico e la temperatura ormai aumenta alla velocità di 3 gradi ogni 10 anni.

Come mai dalla Conferenza sul clima di Parigi del 2015, dove 195 paesi hanno siglato un accordo vincolante per limitare l'aumento della temperatura sotto i 2 gradi centigradi a oggi, la temperatura del pianeta continua ad aumentare? Cosa c'è che non va in quell'accordo? PresaDiretta è andata a vedere quale partita mondiale si è accesa sulle ricchezze naturali dell'Artico, che con le sue risorse minerarie ed energetiche purtroppo fa gola a molti. L'Artico è sotto attacco e rischia di scomparire. Con quali conseguenze per il nostro pianeta? Caldo artico è un racconto di Riccardo Iacona con Alessandro Macina, Fabrizio Lazzaretti. 

I più grandi esperti di cambiamenti climatici, Amitav Ghosh, Peter Wadhams, Christiana Figueres lanciano l’allarme: "Perdere l’Artico significherebbe un’accelerazione irreversibile delle mutazioni climatiche".

 “Noi viviamo in un mondo in cui scienza, ingegneria, tecnologia sono molto importanti. Eppure quando la scienza ci dice che è in atto un rapido e grande cambiamento climatico noi chiudiamo gli occhi. Questa è la grande cecità”. Con queste parole AMITAV GHOSH, intervistato da Alessandro Macina, spiega la resistenza umana a vedere le gravi conseguenze delle mutazioni climatiche in corso. "Persino nell'Accordo di Parigi, che è un testo importante – aggiunge - non si parla una sola volta di ‘catastrofe’, non vengono mai nominanti i disastri che stanno accadendo intorno a noi. È come se il nostro stesso modo di pensare, escludesse la possibilità del cambiamento climatico, la possibilità di una catastrofe. E La politica, il mondo del business contribuiscono molto alla nostra cecità”, precisa. “Gli ultimi 30 anni di neoliberismo hanno creato una situazione tale per cui nessun politico si poteva più permettere di dire che avremmo dovuto rallentare, interrompere la crescita, redistribuire la ricchezza, consumare meno risorse. Quindi non faccio riferimento a singoli politici, ma alla deriva tragica verso cui si è orientato il mondo politico, alla promessa della crescita infinita. Si pensa sempre che il cambiamento climatico riguardi i paesi poveri. Ma non è così, chiunque può essere colpito”.

Anche il glaciologo britannico PETER WADHAMS, il primo al mondo a dimostrare che l’Artico si stava sciogliendo, oggi è convinto che a breve ci sarà un Artico completamente libero dai ghiacci. “Lo scioglimento è tale che mi aspetto un Artico libero dai ghiacci in estate e fino a settembre molto presto, entro 5 anni. La causa siamo noi – spiega - questo è probabilmente il nostro primo grande effetto nel ridisegnare il volto del pianeta. Il periodo di Artico senza copertura di ghiaccio durerà sempre di più. Un mese di mare aperto nel giro di 3 anni si allungherà fino a un periodo di due, tre o anche 4 mesi. E il ghiaccio si riformerà solo in inverno”. 

Per CHRISTIANA FIGUERES, considerata l’architetto dell’Accordo di Parigi (COP21) del dicembre 2015, “la direzione dell’accordo di Parigi è quella giusta”. “Quello di cui sono preoccupata – racconta nell’intervista concessa a Presadiretta - è la velocità. La curva delle emissioni di co2 sta ancora crescendo, dobbiamo riuscire invece a piegare la curva verso il basso entro il 2020. Che è solo un anno e mezzo da oggi. Di questo sono seriamente preoccupata, non la direzione, ma la velocità”.

E sulla corsa all’oro dell’artico trova che sia “una violazione del principio base su cui si fonda l’accordo di Parigi. Vedere l’artico come un’opportunità per nuove perforazioni, per combustibili fossili, quando sono stati proprio i combustibili fossili la causa di questo disastro, non è accettabile – aggiunge -. Noi già adesso, anche senza nuove esplorazioni e nuove estrazioni di combustibili, abbiamo estratto fin troppo. E il risultato è l’aumento di emissioni. Non c’è bisogno di cercare più nulla, tutto quello non è stato ancora estratto deve rimanere nel sottosuolo, lì dov’è”.

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