Pesticidi, il Comitato noneso critica la Provincia

Sul problema dei pesticidi le istituzioni provinciali nel corso degli anni non hano dato risposte adeguate: lo ribadisce il Comitato per il diritto alla Salute (Cds) della Val di Non. I cittadini impegnati nelle iniziative per modificare le prassi agricole, sottolineano che gli strumenti per cambiare rotta esistono, ma la Provincia autonoma finora non li ha presi in considerazione: «Le soluzioni concrete ci sono, ci vuole però la volontà politica, per vedere oggettivamente il problema senza fare prevalere l’interesse economico e il consenso elettorale sull’impellente bisogno di tutelare la salute dei cittadini», scrive il Comitato, prendendo spunto dal documento provinciale di recepimento del Pan (Piano azione nazionale), il provvedimento col quale Roma ha attuato la direttiva europea su un uso più responsabile delle sostanze chimiche in agricoltura cui, ora, è chiamato ad adeguarsi anche il Trentino.

«La preoccupazione degli addetti ai lavori e in particolare dei sindaci e dei presidenti di comunità - spiega il Cds - è stabilire delle distanze idonee per evitare che le sostanze possano per effetto deriva contaminare la proprietà privata e più in generale luoghi sensibili, abitazioni, luoghi pubblici (scuole, giardini, asili, e simili). Noi da sempre abbiamo contestato le attuali distanze, chiaramente insufficienti anche se in presenza d’uso di sistemi antideriva». E viene portato l’esempio dei «30 metri per l’irrorazione con il classico atomizzatore ridotti a 10 se si applicano sistemi antideriva».

«Quasi un anno fa - riferisce la nota - il Comitato per il diritto alla salute in Val di Non ha spedito una raccomandata all’assessore Borgonovo Re, chiedendo un incontro che, nonostante i numerosi solleciti, deve ancora arrivare

L’assessore all’agricoltura Michele Dallapiccola invece - prosegue la nota di denuncia - ha fatto qualcosa in più: ci ha ospitato e ascoltato ancora nel lontano settembre 2014, ma alla nostra richiesta di comunicarci una presa di posizione, riguardo alla proposta di 18 azioni per migliorare l’impatto dell’agricoltura sulla salute, ambiente e paesaggio della valle, non ha ancora risposto».

La questione di un modello agricolo basato sulle monocolture (in particolare mele e uva) e dipendente da un uso intensivo di pesticidi e fitofarmaci in Trentino è rimbalzata nuovamente sulla ribalta mediatica nazionale una settimana fa con la puntata di "Presa diretta" a Raitre dedicata a questa criticità.

Del tema si occupa in un recente post nel suo blog sull'Adige "Opinione Ruralpina" anche il professor Michele Corti che sottolinea, fra l'altro, «che negli ultimi anni si sono accumulati risultati inconfutabili che mettono in relazione l’esposizione di categorie professionali e di residenti di aree agricole ai pesticidi con una maggiore incidenza di gravissime patologie (non solo tumorali ma anche neuro-degenerative, metaboliche, della sfera comportamentale)». Lo stesso studioso, nel suo sito Ruralpini, riferisce una serie di dati sulla diffusione dell'impiego di pesticidi in provincia di Trento (qua sotto riportiamo due delle tabelle pubblicate).

Un'analisi approfondita dell'intera materia, con il contributo del professor Corti e di diversi altri esperti, è proposta nel nuovo documentario «Veleni in paradiso», firmato dai giornalisti trentini Andrea Tomasi e Jacopo Valenti, che dopo l'anteprima di dicembre al cinema Astra di Trento, ora è in distribuzione in provincia e nelle vallate limitrofe (sabato sera la proiezione a Borgo Valsugana, area al centro dell'inchiesta giornalistica anche per la vicenda dell'inquinamento ambientale legato all'acciaieria e alle discariche di scorie industriali).

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