Lettere / Il direttore risponde

Io voglio vaccinarmi, ma non con Astrazeneca

La risposta di Faustini a Maria Grazia Leonardi: "Quando verrà il mio turno (perché aspetto serenamente, convinto che nessuno di noi debba saltare la fila) non avrò timori di fronte ad Astrazeneca, perché non siamo affatto sudditi: siamo purtroppo tutti soggetti a rischio"

Gentile direttore, il giuramento di Ippocrate, cui dovrebbero attenersi i sanitari, recita «Non darò a nessuno un medicinale che dia la morte...» Io sono anziana e lo scorso marzo avevo appuntamento per la vaccinazione, ma il vaccino che dovevano somministrarmi era Astrazeneca. Rinunciai.

Non ritengo sia giusto che qualcuno decida per me quale tipo di prodotto inocularmi. Il decisore mi dirà che la vaccinazione è volontaria e quindi sarei libera di rinunciare. Nossignore: io voglio vaccinarmi, la vaccinazione non è un privilegio, è un diritto personale e un dovere sociale (art. 32 costituzione). E allora? In paesi civili (es. la Germania) vige la possibilità di scelta. Infatti in moltissimi tedeschi rifiutano l'Astrazeneca (o vacszebria). Nel Lazio vi sono postazioni dove è ammessa l'opzione.

Devo andare a Roma per essere trattata da cittadina e non da suddita? Ora in Italia (non so se il Trentino si adeguerà) si dà alle farmacie la facoltà di vaccinare. Perché non permettere loro di vendere il tipo di vaccino richiesto? Riguardo all'Astrazeneca: in una visione globale ritorna insistente il refrain «i vantaggi superano i rischi».

Cosa sono un centinaio di trombizzati (perlopiù morti) difronte a milioni di vaccinati? Buon per quei milioni; io non voglio finire tra quel centinaio e non gioco alla roulette russa! Ma la più bella pensata è quella di oggi: l'Astrazeneca l'abbiamo comprato e dobbiamo smaltirlo: lo rifiliamo agli ultrasessantenni; se quelli muoiono, poco male: non sono produttivi (pensiero del governatore della Liguria, Toti). Altro motivo per questa risoluzione presa non c'è: secondo E.M.A. infatti, «Non è dimostrato il nesso tra casi ed età».

Maria Grazia Leonardi


 

La vera battaglia è contro il virus

Il problema è che siamo diventati tutti virologi.

Ogni farmaco - come ben spiega il foglietto con le indicazioni che non a caso viene chiamato bugiardino - può creare dei problemi e, statistica alla mano, siamo davvero di fronte a pochissimi (e molto specifici) casi.

Non fatico a dirle - e mi perdoni il realismo macabro - che se anche morisse una persona su un milione di vaccinati e quella persona fossi io anche a me dispiacerebbe molto, ma dobbiamo tutti concentrarci sulla vera battaglia, che non è contro un vaccino, ma contro un virus.

Non stiamo parlando di una roulette russa e i dati scientifici - ai quali dobbiamo attenerci - sono in tal senso molto precisi.

Nessuna rifila niente a nessuna. Qui tutti cercano di salvare non solo le vite delle singole persone, ma quelle di un intero Paese e di un intero mondo.

Mia figlia (la più grande) vive a Londra ed è già stata vaccinata con Astrazeneca, così come il suo ragazzo. Con grande fiducia.

Serve infatti non fermare una macchina che deve girare a gran velocità. E quando verrà il mio turno (perché aspetto serenamente, convinto che nessuno di noi debba saltare la fila) non avrò timori di fronte ad Astrazeneca, perché non siamo affatto sudditi: siamo purtroppo tutti soggetti a rischio, donne e uomini che lottano contro il covid-19 e non contro i farmaci che la scienza ci ha messo a disposizione per sconfiggere il virus.

Infine le dico che tutte le statistiche sulla mortalità legata ai farmaci andrebbero lette con attenzione, perché si scoprirebbero notizie che ci farebbero ridimensionare tutto ciò di cui stiamo parlando.

Il che non vuol dire dare ragione a chi pronuncia parole come quelle di Toti.

Nel merito, tendo a dare ragione semmai a chi dice che andrebbero vaccinati anche i più giovani, ma è tutta un'altra storia. I vaccini servono a salvare tutti.

 

lettere@ladige.it

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