La sanità trentina e le nomine dei dirigenti

Egregio direttore, una lettrice scrive «il mio vuole essere un messaggio angosciato e molto allarmato» e lo scrive sul tema dei vaccini al rallentatore in Trentino, documentando con molti numeri la situazione attuale.

È un tema drammatico e non casualmente a fianco appare una lettera del senatore Renzo Gubert, uno dei promotori dell'attuale maggioranza politica provinciale, che trova il tempo per occuparsi dell'obiezione di coscienza in un caso particolare, quello dell'ex priore della Comunità di Bose.

Interventi del senatore sui temi concreti che interessano la comunità trentina non se ne leggono: preferisce volare molto, molto alto, eppure vuole far politica.

A lui delle dimissioni del direttore dell'Azienda sanitaria, delle mancate nomine dei primari negli ospedali trentini, della nomina tutta politica del direttore provinciale della sanità trentina poco interessa.

Mi consenta di aggiungere che sulla stampa nazionale è recentemente apparsa la notizia di contributi del 15% al partito versati dai nominati: sarebbe una forma di finanziamento degno di un'approfondita analisi giornalistica, pur non essendo affatto nuova e anche questo dovrebbe essere un tema di cui il senatore cattolico dovrebbe interessarsi, come anche dell'aumento di stipendio e di incarichi del responsabile provinciale della sanità in un tempo di pandemia e di personale sanitario al limite. Se questi sono i nostri rappresentanti politici...

Mauro Franceschi - Trento

 


 Il problema è sempre la trasparenza.

In verità l'ex senatore Gubert interviene un po' su tutto e non sempre riesco a stare dietro a tutti i suoi interventi. La questione del 15 per cento versato dai "nominati" non riguarda, a quanto ci risulta, il nostro territorio. Ed è un tema discutibile, ma anche bizzarro.

Provo a spiegarlo ai lettori in due parole. Alcuni "nominati" in cariche che un tempo avremmo chiamato di sottogoverno - in particolare dalla Lega, in altre aree geografiche, ma il tema è stato sollevato anche da altri movimenti - verrebbero trattati alla stregua dei politici eletti.

E dunque invitati a versare una parte dei loro emolumenti (cosa che qualcuno ha appunto fatto) al partito che si è battuto per inserirli in vari ruoli. La cosa è a mio avviso discutibile, perché il criterio della nomina dovrebbe essere legato a indipendenza (parola grossa) e autorevolezza (e l'autorevolezza non può prevedere mance di riconoscenza) e bizzarra, perché mi risulta difficile risalire fino in fondo alle origini politiche dei "nominati". Si pensi ad esempio ai direttori dei Tg della Rai, "indicati" da partiti e movimenti. Già sono fin troppo legati alla politica.

Ci manca solo che li si consideri organici - con tanto di obolo da versare al partito - come i consiglieri regionali o come i parlamentari.

Il suo riferimento finale è invece a un dirigente generale della Provincia - il dottor Ruscitti - che non va certo confuso con il presidente di un ente: il dottor Ruscitti può piacere o non piacere ed è evidente che di lui la giunta che l'ha nominato si fidi, ma considerarlo "organico" - visto che è un professionista di provata fama - sarebbe un errore.

Sulla questione del "doppio" stipendio, sollevata proprio da noi, concordo invece con lei e con chi lo critica: chi, pro tempore, assume anche le funzioni di un subalterno, non può certo ricevere un'ulteriore indennità per questo. Sarebbe diverso se il subalterno assumesse per un periodo anche le funzioni del suo superiore (in questo caso un aumento ci starebbe).

Infine le dico che non mi scandalizza che un governo nomini una persona di fiducia (pensi a Figliuolo al posto di Arcuri, entrambi uomini di indubbie qualità), mi scandalizza che i governi talvolta nominino amici senza arte né parte e non professionisti - certo di fiducia - di riconosciuto valore.

Il problema è comunque sempre quello della trasparenza. In assenza della quale tutto diventa sospetto.

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