Nulla contro Draghi, ma siamo l’Italietta

Siamo alle solite, l’Italia è incapace di esprimere una leadership politica forte ed autorevole. Ce lo scrive un nostro lettore, e risponde il Direttore, Alberto Faustini.

Nulla contro Draghi, ma siamo l’Italietta

Signor direttore, il covid-19 e la vecchiaia mi hanno ulteriormente inacidito, ma cercherò di contenere la delusione e la rabbia. Naturalmente niente di contrario a Draghi, anzi e lo scorso anno scrissi al suo giornale ponendolo tra i candidati alla Presidenza della Repubblica. «L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro»: sogno di un’utopia? L’Italia sta diventando Confederale, come auspicato da Carlo Cattaneo; è stato istituito addirittura un Ministro per le Regioni. «Fondata sul lavoro»? Basta vedere quante persone, in maggioranza donne, altro punto dolente, o sono disoccupate, o sottoccupate o vanno all’estero (le menti migliori e qui rabbrividisco!). Questa frammentazione è ben rappresentata dalla politica che da anni non riesce ad eleggere un proprio rappresentante alla carica di Presidente del Consiglio, ma deve ricorrere a non eletti come: Monti, Ciampi, Renzi, Conte, ora Draghi (anche se l’incarico non gli è stato ufficialmente conferito). Sembra di tornare al tempo delle Signorie in cui le città erano ingovernabili e sceglievano uno straniero, il Podestà. Oggi è un fatto folkloristico parlare di sestieri, contrade, quartieri ed altro, ma sono insite nell’Italiano.
Guardiamo fuori: la California è più grande dell’Italia, Peking sta diventando una megalopoli da 130 milioni di persone, oltre il doppio degli Italiani. E l’Italietta litiga su tutto. I candidati si comportino in modo corretto (anche se non fanno una legge che imponga questo!), cioè se cambiano casacca vanno a casa. Scilipoti fece cadere il governo Prodi ed è sinonimo di comperato. Molti sono eletti in una lista e fondano partitini ove sono in cima a queste piccole colline. Anche le alleanze sono variabili, a seconda del tempo che fa. Sono soggetti alla Legge solo se lo consentono i loro colleghi. Sono stufo di firmare cambiali in bianco. Voto PD Renzi o Calenda o Boschi? e lo lasciano e così ha fatto Grasso ed altri. Non discuto sulle idee personali, ma falle conoscere al tuo elettore, prima del voto, non dopo. Sono disorientato e pur convinto che si debba votare mi chiedo: «Per chi?». La ringrazio se mi avrà ascoltato pur avendo detto delle ovvietà.

Renzo Magagnin


 

Non ha affatto detto delle ovvietà. Penso invece che in molti si riconoscano nelle sue parole. I costituenti non potevano certo immaginare, mentre scrivevano che l’«Italia è una Repubblica basata sul lavoro», che un giorno avrebbero dovuto aggiungere un «che non c’è». Dal lavoro bisogna però ripartire e andrà fatta ogni cosa per rilanciarlo, per tutelarlo, per proteggerlo, anche per crearlo (benché la politica non possa “costruirlo”, ma solo lavorare alle condizioni perché le aziende possano di nuovo assumere). Non solo: andranno costruite chance reali anche per chi oggi sceglie di andarsene all’estero, dove peraltro esistono ancora normali regole di mercato (da noi, invece, persino gli studi scientifici dimostrano quanto siano importanti le conoscenze, per trovare lavoro). Il presidente del consiglio non eletto dal popolo non mi impressiona, invece. Per due ragioni: la prima è che la legge non dice che si debba scegliere all’interno del parlamento, la seconda è che comunque deve ottenere la fiducia del parlamento. Dunque la democrazia e il nostro voto sono salvi, perché il presidente deve ottenere il consenso di chi è stato eletto dal popolo, di chi - come sta succedendo anche questa volta - di fatto indica il nome del capo del governo al capo dello Stato. In alcune situazioni, l’Italia della politica (ma sarebbe bello che il messaggio venisse fatto proprio dall’intero Paese, di giorno in giorno) ha il dovere di rivolgersi ai migliori, siano essi in parlamento o in altri luoghi della società. Non c’è il rischio di tornare ai tempi che lei evoca, perché comunque il governo - per muoversi - avrà bisogno della fiducia continua degli eletti. Sulle casacche, infine, le dico che il mercato è sempre aperto.
Ma rappresenta perfettamente un Paese che cambia idea molto in fretta.

lettere@ladige.it

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