Il Regno Unito e gli accordi all’ultimo minuto

Alla fine, la Brexit si è fatta con un accordo dell’ultimo minuto. Il commento di un nostro lettore e la risposta di Alberto Faustini.

Il Regno Unito e gli accordi
all’ultimo minuto

Innanzitutto a te, caro direttore e ai lettori i miei più sinceri auguri perché il 2021 ci faccia veramente mettere alle spalle e spero dimenticare quel drammatico e tragico 2020.
Dunque, cambio radicalmente argomento: pochi giorni fa si è concluso l’estenuante e ormai annoso accordo sulla Brexit, e cioè tra la Gran Bretagna (per me, tra l’altro, mai considerata europea) e la Comunità Europea a Bruxelles. Un accordo (scontro) che ha tenuto in sospeso ormai da anni gli inglesi e noi europei, con richieste mai accettate da ambo le parti, infiniti incontri e con un possibile e traumatico no deal alla fine di tutto.
Ma proprio “allo scadere” si è arrivati all’accordo, (1246 pagine un po’ come Guerra e Pace!) che per me, semplice cittadino ignaro e all’oscuro di tutti i giochi e gli interessi dietro agli attori principali, era scontato. Allora mi chiedo perché, come sempre, in ogni importante trattativa di lavoro o altro si arriva quasi sempre all’ultimo minuto a trovare la soluzione che tutti desiderano? È solo un caso o un gioco delle parti? In quattro anni non si è potuto trovare un accordo che soddisfacesse gli interessi comuni, un compromesso tra gli “odiati” figli di Albione e noi europei? Si è veramente dovuti arrivare quasi alle ultime ore disponibili, poco prima che il Big Ben dicesse stop, di “Portobello memoria”, tenendo tutti con una suspence da Agata Christie (britannica!), direi studiata ad hoc da un regista thriller? Questo accordo equo (vedremo), sembra ottimo, soddisfa tutti, sbandierato dal premier Johnson e dalla von der Layen, ma non poteva essere raggiunto almeno qualche mese fa, perché parlare di anni sarebbe stato troppo riduttivo e non avrebbe giustificato l’importanza, la fatica, le spese, l’impegno e il duro lavoro di tanti politici seduti ai tavoli delle trattative? Dopo tante fumate nere per l’elezione di un papa, sappiamo per certo che arriverà quella bianca, e la fumata bianca sulla Brexit era scontata ma non doveva apparire così veloce, bisognava far vedere che si lottava, si litigava e un giorno sì e anche l’altro minacciare il terribile no deal.
Tale atteggiamento, scusa Alberto per l’esempio forse irrispettoso che associo, è il calciomercato che dura circa un mese o poco più, ma gli acquisti o le vendite, quelle importanti che riempiono per mesi i giornali sportivi, si risolvono spesso negli ultimi minuti a disposizione, poco prima della fatidica chiusura a mezzanotte, quando il “campione” perde la scarpetta da calcio al grande ballo. Quindi, per sveltire, lo ridurrei a tre giorni al massimo. C’è una regia in tutto questo (nel caso del calcio sicuramente per vendere più Gazzette o simili) o veramente agli esseri umani bisogna per forza dare sempre una scadenza per trovare un accordo su una importante questione dirimente e questa scadenza deve sempre essere raggiunta un minuto prima? Poi sull’esito positivo della Brexit si potrebbe aprire un discorso che porterebbe troppo lontano, ma a pelle, sempre mia personale opinione, è giusta l’uscita dall’Europa di una nazione che ne faceva parte solo per propri interessi, non essendosi mai sentita europea ma sempre superiore, forse molto più vicina ai cugini d’oltre Oceano, (brutta notizia che non ci sia più Trump) e che sono usciti per la loro ottusa convinzione di tornare, con la Brexit, a essere ed essere considerati ancora un Impero, come nell’800, con una nostalgia di quei gloriosi tempi, nel terzo millennio, che rasenta il ridicolo se non peggio. Anche se Johnson (da sovranista) esulta per la vittoria ed è costretto ad esserlo, lui in realtà sa che questa uscita dall’Europa, è più simile ad una sconfitta che non ammetterà mai. Ma come si dice, contenti gli inglesi (se ne accorgeranno, perderanno anche la Scozia) contenti tutti. Mi interessa la tua opinione in merito che di Gran Bretagna te ne intendi o no?

Alberto Penazzi


 

Ho una figlia là, conosco il problema

Grazie per gli auguri. Che ricambio. Avere una figlia che vive e lavora nel Regno Unito e seguire con grande attenzione (e in alcune epoche, confesso, anche con ammirazione) quel mondo, non fa di me un osservatore autorevole. Se poi aggiungi che stai scrivendo a uno che tutte le sere, quasi col cronometro in mano e considerandolo un quotidiano miracolo, chiude il giornale in extremis (insieme a tutti i colleghi che scrivono fino all’ultimo minuto), capisci che la mia risposta rischia di essere ancora meno credibile. Sulla cosa dell’ultimo minuto ti dico infatti solo che è sempre così: in ogni trattativa, ad ogni latitudine. Tendiamo a nuotare bene solo un attimo prima di affogare. Sull’accordo ti dico invece che è ancora difficile pesarne la portata. Un esempio per tutti: il programma Erasmus (alla faccia delle promesse di Johnson) non c’è più, ma solo quando sapremo che accordi sigleranno le singole università e i singoli Stati sapremo se il problema sarà aggirabile o no. E molti dei punti si prestano a interpretazioni di questo tipo. Dobbiamo fare come si fa con i giochi da tavola, quando più d’uno, leggendo le istruzioni, a un certo punto dice: «Proviamo a giocare e vediamo come funziona».
Concordo totalmente su due tue considerazioni. La prima: Johnson sa effettivamente bene che si sarebbe stati al calduccio in Europa, ma elettoralmente parlando ha giocato un’altra partita. Vincente, per lui. La seconda: il Regno Unito è stato sempre un po’ fuori e un po’ dentro. L’Inghilterra è pur sempre un’isola e tale resta ogni giorno. Fatico però a immaginare che possa fare da sola, a maggior ragione senza l’aiutino di Trump. Certamente saprai che Biden ha già detto che uno dei suoi primi incontri sarà a Bruxelles. Chi ha orecchie per intendere...

lettere@ladige.it

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