Il conforto della memoria di chi non c’è più

Un corista del Sant’Ilario di Villa Lagarina ricorda un amico scomparso, e ci parla del conforto del ricordare, nel dolore della scomparsa. La risposta del Direttore.

Il conforto della memoria di chi non c’è più

Carissimo direttore, ho appena letto sull’Adige la lettera di Patrizia. Mi ha molto colpito il suo pensiero. Ho pensato alla madre di Padova che ha perso i due figli per mano dell’ ex marito. Ci colpisce già una notizia così, quando poi quell’uomo ha fatto l’educatore in alcuni Campus a cui ha partecipato tua figlia e per lei era il migliore la cosa diventa sconvolgente ancor di più.
Certo Patrizia non parla di questo ma entra nel dolore dei genitori che perdono un figlio. Tu parli nella risposta di musica e subito mi è venuto alla mente la bellissima canzone «Fiori de cristal» su testo di Antonia Dalpiaz e musica di Roberto Giannotti. È dedicata alla chiesetta del rifugio Dodici Apostoli dove vi sono i tanti ricordi di figli che troppo presto, in montagna, hanno perso la vita lasciando i genitori, famigliari e amici nello sconforto. Noi del coro sant’Ilario l’abbiamo sostituita alla più nota «Signore delle cime» perché legata ad un nostro corista, a cui piaceva molto, scomparso durante un avvicinamento al rifugio Cima d’Asta per un nostro concerto ai Suoni delle Dolomiti. Secondo me raccoglie quei pensieri che Patrizia esprime nella sua lettera. Non so. Se avrai modo di fargliela arrivare ma potrebbe essere, secondo me, un po’ di memoria, di conforto e di amore. Apprezzo sempre la tua conduzione di Prima Pagina. Grazie per l’attenzione.

Roberto Forrer


 

Dopo la pandemia, un mondo nuovo

Grazie a te caro Roberto e grazie a voi del Coro sant’Ilario (anche per il vostro prezioso di ricerca e di approfondimento, che ha ancor più valore essendo sempre declinato in termini moderni e originali). Giro le tue parole (e i tuoi consigli) a Patrizia e ai tantissimi che sicuramente si sono riconosciuti in quella lettera, in quelle parole, in quel dolore muto.
Dopo la pandemia ci aspetta un mondo nuovo. Non auguro Buon anno, ma Buon mondo nuovo. Sì, perché è quello che ci aspetta: in 6 mesi abbiamo perso 2 milioni di posti di lavoro a tempo pieno, il 10% di ricchezza nazionale, siamo passati dal 125% di debito al 150%. Stiamo parlando di dimensioni gigantesche: dovremo affrontare il nuovo mondo con lo spirito che tutti dipendiamo da tutti, anche perché nei prossimi mesi gli ammortizzatori sociali andranno in sofferenza e gli aiuti europei saranno disponibili se va tutto bene a fine estate prossima. La politica locale deve incominciare a ragionare su come far fronte alla vera crisi delle famiglie, dei lavoratori, dunque è il momento di mettere l’uomo al centro delle scelte politiche, ora è la Sanità che va messa in risalto visto che l’abbiamo sottovalutata con continui tagli negli ultimi tempi.
Penso che la Politica debba capire che bisogna impostare un tavolo con amministrazioni, sindacati, associazioni d’impresa, industria, artigiani e imprenditori, in sostanza tutte le reti compreso il volontariato: questa penso sia l’arma di difesa che abbiamo per affrontare il cammino che ci aspetta. Certo, se il comportamento di massa è quello che abbiamo visto nei giorni prima di Natale (tutti in fila a far shopping), penso che non abbiamo capito nulla della gravità della situazione. Ora il mondo è cambiato e spero che si capisca che dobbiamo cambiare anche noi, trovare la soluzione non sarà compito facile ma dobbiamo iniziare con la consapevolezza che le priorità devono cambiare: se prima dominava il consumismo, oggi dobbiamo farci guidare dalla prudenza, dalla razionalità e dalla rinuncia. Come Europa dobbiamo affrontare insieme questa crisi: stavolta tutti nel nostro piccolo dobbiamo sentirci parte della cura.

lettere@ladige.it

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