Il mio atroce passato e Silvia Romano

La lettera al giornale

Il mio atroce passato e Silvia Romano


Signor Direttore, parlo col cuore: Silvia Romano è libera e ne sono contento. Però userò anche il suo antagonista naturale, il cervello. Libera come? A quale costo? 3 milioni di dollari? Chi li paga? E il suo stato d’animo?

Faccio un parallelo con la mia vita. Dai 14 anni ai 16 fui oggetto di attenzioni sessuali, non parole, ma atti; il silenzio è durato 66 anni perchè oggi se ne può parlare, allora no. Ma il mio animo ha subito una ferita che non si attenua neanche dopo tanti anni. Sorrisi? Ma dentro? Come a me? Anch’io ho provato la sindrome di Stoccolma (purtroppo). Quando fu sequestrato uno dei nipoti di Paul Getty, lui disse che non avrebbe pagato “altrimenti con tutti i nipoti che ho divento povero”.

Anche il sequestro Moro, che fu lasciato morire, fece scalpore e divise chi lo avrebbe voluto vivo e chi pensava che lo Stato dovesse mostrare i muscoli. Decisioni difficili, ma non del tutto da condannare. Se pagassimo per tutti i sequestri dovremmo istituire un Fondo Italiano Sequestri con un budget di miliardi di euro, cioè l’affossamento definitivo di ogni possibile sviluppo del Paese e il rating non sarebbe BBB+, ma Z. Inoltre sarebbero finanziati il terrorismo e la malavita e le richieste aumenterebbero sia come numero che importo. Avrà notato la mia solita disordinata esposizione, ma sono imitato anche dal Governo che promette chiacchiere. Dice un proverbio inglese: «Le parole sono foglie, i fatti frutti», speriamo che la buona stagione porti frutti, anche se magri.

Renzo Magagnin

 


 

Non riesco a prendermela con uno Stato che viene a salvarci

Prima di tutto mi spiace molto per quanto le è capitato in un lontano passato. E mi spiace che non abbia potuto denunciare chi l’ha molestata; chi, in un certo senso, ha lasciato un solco così profondo nei suoi pensieri, nella sua vita, non solo nei suoi ricordi, ma anche nel suo presente. Però lei capisce che non si può fare un paragone fra questa tua dolorosa vicenda, il rapimento Getty, il rapimento (l’uccisione degli uomini della sua scorta) e il delitto Moro. Su quest’ultima tragedia non mi basterebbe una pagina, per risponderle. Provo a farlo in poche righe. L’Italia si divise fra trattativa e fermezza. Come noto, vinse la fermezza, Moro venne barbaramente ucciso e - anche questo va ricordato - su quel sangue e su quel dolore che ancora è lancinante, l’Italia costruì però la sua vittoria sul terrorismo.

La stessa Italia non può certo, da sola, sconfiggere il terrorismo internazionale. Non a caso, in casi analoghi, tanto l’Italia quanto gli altri Paesi si sono sempre mossi nello stesso modo: pagando. E, sì, di fatto andando così a finanziare il terrorismo. L’alternativa - inutile girarci intorno - è lasciar morire i nostri connazionali. Certo, lei potrebbe dirmi che dopo qualche barbaro assassinio i rapinatori, non ricevendo denaro, cambierebbero strategie.

Ma dobbiamo pagare questo prezzo? E lei sa quanti altri soldi vengono “investiti” per salvare persone lontano dai riflettori o per risolvere delicatissime questioni internazionali? Il tema è quello dei riflettori. Che esaltano i terroristi ancor più dei quattrini che (quasi sempre) si spendono. Andrebbero evitati. Ma io non riesco a prendermela con uno Stato che viene a salvarci anche quando ci mettiamo nei guai e non me la prenderò mai con una ragazza che sognava e sogna di cambiare il mondo. E non giudicherò nemmeno le sue scelte, che oggi fanno così discutere. A prescindere da ciò che potrebbe averle originate.

lettere@ladige.it

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