Telefonini in auto, cambiamo le regole

La lettera al direttore

Telefonino in auto, cambiamo le regole.

Caro direttore, tra le proposte operative dell’attuale Governo, figurano anche alcune modifiche del Codice della strada. Tra queste è previsto, tra l’altro, un inasprimento delle pene riguardo l’uso del telefonino per chi è al volante, malvezzo che purtroppo è causa del 27 per cento degli incidenti stradali.
Mi sorprende che nell’affrontare il “problema telefonino”, si sia pensato solo a rincarare la dose in termini punitivi verso chi sgarra, e non si sia invece intervenuti in sede di prevenzione. Mi spiego meglio. Il buon senso 18 anni fa indusse lo Stato (conformandosi ad una norma europea), a rendere obbligatorio ai costruttori d’auto l’adozione dell’Abs (sistema di antibloccaggio delle ruote). Un sofisticato marchingegno che ha salvato sicuramente migliaia, se non milioni di vite umane. Un accessorio, l’Abs, che costava, se acquistato come optional quando non era obbligatorio, circa 1.200 euro. Detto questo mi domando: se i nostri saggi governanti avessero veramente a cuore la nostra salute sulle strade e non guardassero solo a raggranellare soldi con le contravvenzioni, per quale ragione non rendono obbligatorio il “bluetooth” su tutti i mezzi? Stiamo parlando di un accessorio che, se abbinato ad un normale impianto radio ormai installato su quasi tutte le vetture già dal costruttore, costerebbe poco più di cento euro.
Con questo “banale” quanto taumaturgico dispositivo, forse vedremmo qualche logorroico in meno guidare con una mano sola e il telefonino nell’altra attaccato a un orecchio. Tanti potranno obiettare che questa soluzione, è un po’ “l’uovo di Colombo”. Giusto rilievo, ma proprio perché un simile intervento legislativo è banalmente ovvio, che non riesco a spiegarmi per quale remota ragione a Roma, dove il buon senso dovrebbe essere di casa, non si intervenga con efficaci intenti preventivi e non solo repressivi. Ma il buon senso - concedetemi questa digressione riflessiva - in particolare la competenza, purtroppo non appartengono al nostro mondo politico. Una struttura dove a chi gestisce un pezzo dello Stato (ministeri e via dicendo) non è richiesto debba possedere alcun requisito specifico, né tantomeno una laurea. Come saggiamente ricorda Milena Gabanelli, coraggiosa creatrice di «Report», per fare il ministro da noi, non è richiesto alcun titolo di studio.

Riccardo Bucci

Vero, basterebbe davvero poco

Vero. Del resto non serve una laurea per prendere decisioni che potrebbero davvero cambiare (e soprattutto salvare) la vita di ognuno di noi. Basterebbe poco. Poi, sia chiaro: fa impressione scoprire come, dall’unità d’Italia ad oggi, ci siano sempre meno laureati nel governo. La laurea non è tutto, ma alcune statistiche fanno impressione. E c’è poco da stupirsi se poi qualcuno si alza e considera qualsiasi tipo di formazione alla guisa di qualcosa di negativo.

a.faustini@ladige.it

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