Quando ci si alzava per cedere il posto

La lettera al direttore

Quando ci si alzava per cedere il posto

«Alzati in piedi e lascia il posto!» risultava una sorta di imperativo categorico, innescava un automatismo naturale, quando, trent’anni fa, sugli autobus, s’incrociava una persona anziana, anche se non presentava evidenti problemi di deambulazione; era un atto dovuto e basta, dettato dal buon senso civico, che apparteneva a quella vasta gamma di comportamenti virtuosi e convenienti, inculcati dalla famiglia, sin dalla più tenera età. Non si badava al peso dello zaino spesso “degriffato” o al restante tragitto da percorrere. Ci si alzava senza fare tante storie, indipendentemente dal trovarsi di fronte a pensionati indisponenti e pretenziosi. Cedere il posto rientrava nelle azioni consuetudinarie, costituiva una garbata abitudine suggerita dal sano rispetto generazionale nonché da un “pizzico” di sensato timore reverenziale. Oggi , ragazzini, forse incolpevolmente maleducati, per fortuna pur sempre una esigua minoranza, talvolta “figli del nulla e del vuoto valoriale”, si aggirano sugli autobus con fare da bulli, in preda ad un esaltato delirio di onnipotenza; alzano la voce, fanno risuonare i telefonini come radio, spingono, strattonano, esibiscono un linguaggio, non raramente, osceno, talora blasfemo a fruizione collettiva; si stendono placidamente e scompostamente sui sedili, si stravaccano con assoluta nonchalance, con ostentato menefreghismo; ingombrano ogni angolo con zaini e pacchi e, perché no, taluni sbattono sulle porte i pugni, se le porte alla fermata non si aprono velocemente.
Soprattutto non cedono il loro “scranno”, su cui tronfiamente spadroneggiano, a persone di età avanzata. A volte usano un tono canzonatorio e denigratorio nei confronti di qualche “vittima predestinata”, così da guadagnarsi un’indecente visibilità, la vile deferenza e la mortificante solidarietà dello squallido gruppo di riferimento, che più o meno consapevolmente si rende complice. E poi, se ci si azzarda a qualche “diplomatico” rimprovero o più severamente a stigmatizzare alcuni atteggiamenti, c’è chi è abile a zittirti o più correttamente “a mandarti a quel paese” (per usare un eufemismo).
Comunque, una pragmatica, ripetuta e spendibile lezione di educazione civica in tal senso, sia in famiglia che a scuola, non guasterebbe. D’altro canto, repetita iuvant.

Claudio Riccadonna


 

I giovani non sono tutti così

Diciamo che i suoi sembrano ricordi molto lontani. Mia madre, da buona professoressa, direbbe che quei ragazzini sono ineducati, perché la maleducazione prevede un’educazione, seppur per così dire sbagliata.
I giovani non sono tutti così, ma quelli che ancora si alzano e cedono il posto - straordinaria metafora del rispetto di chi ha qualche anno più di noi - sono davvero pochi.

a.faustini@ladige.it

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