Aumento dell'Iva: è giusto tassare in base ai consumi

La lettera al direttore

Giusto tassare in base ai consumi

«Scongiurare l’aumento dell’Iva». È un coro tanto assordante quanto unanime quello che ci investe ormai da diverso tempo dal pulpito mediatico, Tv e stampa, talk show e telegiornali. È un coro monocorde, ossessivo, del tutto privo di distinguo, alternative, approfondimenti critici. Ci vengono propinate cifre riguardanti gli aggravi medi per le famiglie italiane, ma si tratta di medie da pollo di Trilussa. Dicono che occorre intervenire - con urgenza, pena l’avvio dell’esercizio provvisorio che farebbe scattare l’aumento da gennaio - perché si tratta di un’imposta “regressiva”, perché le aliquote sono indifferenti al variare dei redditi e dunque gli aumenti penalizzerebbero maggiormente quelli bassi. Ma è davvero così o sarebbe lecito nutrire qualche piccolo dubbio? Se l’Iva grava sui consumi e non sul reddito è anche vero che non tutti consumano allo stesso modo e forse le classi sociali disagiate non partecipano al banchetto al pari delle altre. Inoltre le aliquote sono più d’una (minima, ridotta, ordinaria) e la più bassa riguarda i generi di prima necessità, mentre quella più alta comprende molti beni voluttuari e di lusso. Ma chi compra maggiormente questi ultimi, gli agiati o i meno abbienti? Le aliquote sono peraltro suscettibili, all’occorrenza, di modifiche e aggiustamenti, per essere rese più selettive. Ho udito diversi anni fa un ministro della Repubblica affermare pubblicamente che sarebbe stato opportuno «spostare la tassazione dalle persone alle cose», vale a dire dai redditi ai consumi.
Era un ministro del centrodestra, tal Giulio Tremonti, al quale forse non interessava granché il tema delle disuguaglianze sociali, ma forse aveva capito, da responsabile del Dicastero dell’Economia, che era meno facile evadere le tasse sui consumi rispetto a quelle sul reddito, o che il volume di evasione delle seconde era più elevato di quello delle prime. Mi si potrebbe obiettare che l’aumento delle aliquote Iva colpisce comunque tutti indistintamente, benché in misura diversa. Ma nulla vieterebbe di sgravare i meno abbienti rimodulando la tassazione sui redditi, con aliquote Irpef più basse sui redditi minori o con detrazioni più consistenti. Non una semplice partita di giro, quindi, perché non riguarderebbe l’intera platea dei contribuenti. Con il vantaggio di contribuire, ad un tempo, allo sminamento delle clausole di salvaguardia con benefici per il bilancio pubblico e a una più equa redistribuzione del carico fiscale fra le diverse categorie di contribuenti e, fors’anche, ad un più agevole contenimento dell’evasione fiscale. Lei che ne pensa, caro Direttore?

Danilo Silvestri - Povo

 


 

L'aumento dell'Iva non sia spauracchio

Amo tutte le proposte che hanno come obiettivo quello di creare nuove forme d’uguaglianza sociale. Entrambi sappiamo bene che alcuni dei redditi minori, in questo nostro strano Paese, derivano però dall’evasione e da quelli che alcuni chiamano furbizia e che io chiamo disonestà, invitando anche i colleghi a non chiamare più furbi e furbetti quelli che di fatto sono ladri. Nel confermare che l’aumento dell’Iva non va usato come uno spauracchio - tema di cui si è occupato in un editoriale molto chiaro anche Albino Leonardi - penso comunque anch’io che si debba studiare un’idea che si leghi ai consumi. Banalizzo: consumiamo (acquistiamo) tutti e chi ha più soldi consuma (acquista) ovviamente di più. Banalizzo ancor di più: chi prende un macchinone, un gioiellone o comunque una cosa molto costosa, è certamente disposto a pagare una cifra leggermente più alta in virtù di una tassazione specifica (qualche esempio, come lei sa meglio di me, c’è già). Se Tremonti, con quella frase, ha convinto lei, le posso dire che mi lascio convincere anch’io: evadere sui consumi è praticamente impossibile. Mi chiedo però un’ultima cosa: come mai noi italiani fatichiamo così tanto a capire che i servizi di cui possiamo fruire sono legati alle tasse che paghiamo? Perché vogliamo insomma più servizi e cerchiamo al contempo di versare sempre meno tasse? E perché molti politici, anziché spiegarci il senso e il valore delle tasse, ci dicono che loro, una volta al governo, taglieranno questo e quel balzello? Cambiare mentalità non sarà facile, ma io non penso - faccio un altro esempio banale - che i danesi siano diversi da noi. Ma loro sanno che quelle enormi trattenute che si trovano in busta paga servono a far funzionare meglio il Paese. E ne vanno fieri. Qualcuno dirà che da noi si paga ma che i servizi fanno schifo. Ma non è vero: la nostra sanità è un modello, la nostra istruzione è un modello. Mille cose che usiamo ogni giorno sono strepitose (anche se paragonate con quelle fornite da altri Stati), ma noi consideriamo tutto dovuto. E non meritevole, per così dire, del nostro contributo. Stiamo diventando davvero troppo egoisti.

a.faustini@ladige.it

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