Liorni lancia Chi può batterci, 'la squadra vince su io'
(ANSA) - ROMA, 06 GIU - "La squadra al posto dell'io". Marco Liorni definisce così il modello proposto dal nuovo family game show di Rai 1, 'Chi può batterci?', in arrivo sabato 7 giugno per tre prime serate dopo l'anteprima andata in onda a settembre. Alla guida ci sarà proprio lui nella veste di conduttore-partecipante e una voce fuoricampo, chiamata 'Franky'. "La formula è originale - spiega Liorni all'ANSA - sei personaggi noti contro 101 concorrenti, un grande gruppo, tante persone intelligenti, preparate, sorprendenti". Franky farà domande e interagirà con i protagonisti nel corso delle diverse manche. Fino all'ultima, in cui il miglior concorrente della serata affronterà, uno dopo l'altro, i sei della squadra vip. Solo battendoli tutti potrà aggiudicarsi il jackpot in palio del programma prodotto da Direzione Intrattenimento Prime Time in collaborazione con Blu Yazmine. "Ci sarà da ridere, senza dubbio - dice Liorni - ma anche da tifare, mettersi in gioco. Penso che al pubblico piacerà proprio questo: vedere le persone per quello che sono, oltre il ruolo". Per la prima puntata, i sei Vip saranno Max Tortora, Natasha Stefanenko, Massimo Ghini, Gloria Guida Francesca Manzini e, come anticipato, Liorni. Una sfida che il conduttore, fresco dell'ultima stagione de L'Eredità, definisce "bellissima". "Non so che succederà - aggiunge -. Siamo lì, senza copione, con quel po' di incertezza, di scomodità, che ha una bellezza tutta sua". Ma, alla fine, il gioco "è il pretesto per far incontrare persone, storie, competenze diverse, in un clima di leggerezza e anche di competizione. In un'epoca in cui prevale l'io, Chi può batterci rappresenta una squadra: questo ha anche un valore simbolico, rappresentativo". Il format dunque risponde agli obiettivi attuali di Liorni. "Oggi il mio sogno non è legato a un programma in particolare - sostiene - ma alla possibilità di fare un tipo di televisione che parli alle persone in modo autentico, utile, che porti storie e sensibilità anche attraverso un contesto di quiz". Insomma, "in ogni lavoro inseguo il senso - prosegue -. Mi piace l'idea di crescere con il pubblico, non solo davanti a esso". A proposito di storie autentiche, la domanda sorge spontanea. Di recente Liorni ha parlato di come fino ai 25 anni venisse spesso preso da momenti di grande angoscia. Un tema sempre più attuale considerando che, secondo gli ultimi dati Unicef, più di undici milioni di giovani entro i 19 anni in Unione Europea (il 13% del totale) soffrono di un problema di salute mentale. Ne parlerà ancora, così da poter dare il proprio contributo per sensibilizzare il pubblico su questi argomenti? "Me lo auguro - risponde -. Non tanto per raccontare me stesso, ma per far capire che certe difficoltà non sono una condanna, ma una fase. Spesso chi è in difficoltà si sente solo. Se una parola, un racconto, una condivisione può aiutare anche solo una persona a sentirsi meno isolata, allora vale la pena. La tv, la comunicazione dei propri vissuti può essere anche questo: una mano tesa, una compagnia discreta. Mi piacerebbe far parte di quel tipo di comunicazione, più empatica, più vera. Senza clamore, ma con verità". Al di là delle buone intenzioni, però, c'è un evidente allontanamento delle fasce più giovani dal mezzo televisivo. Diventa così ancora più difficile intercettare la loro attenzione e lanciare questi messaggi. "Credo che il linguaggio vada dove sono le persone, non il contrario", sostiene Liorni, nel senso che "i giovani non hanno smesso di volere contenuti, hanno solo cambiato le modalità con cui li cercano. La tv può ancora parlare a loro, ma deve farlo accettando di mettersi in discussione. Non si tratta solo di portare i contenuti su altre piattaforme, ma di cambiare il tono, i tempi, persino le facce. E ascoltarli di più. Il futuro non è un format, è un dialogo". (ANSA).