Stava, una tragedia universale

di Antonia Dalpiaz

È un’atmosfera rarefatta di penombra e luce quella che avvolge un albero sospeso nell’aria. Gira su sé stesso in una specie di danza atavica, in un vuoto che vive di sonorità capaci di amplificare il senso di un’armonia dell’Inizio. Poi il tonfo dell’albero, con il suo rumore di morte ad indicare una tragedia universale che attinge ad una «tragedia alpina» consumata in sette minuti il 19 luglio 1985, in Val di Stava.

Il fango spazzò via tutto, in particolare la vita di 268 persone, ma violentò anche la terra, ne cambiò l’aspetto, ma non riuscì ad ottenere giustizia umana. Nessuno pagò realmente per quella catastrofe. Ed è proprio il tema della «catastrofe» che rimanda alla tragedia greca il leit motiv scelto dal regista trentino Filippo Andreatta, fondatore di OHT, affiancato da Marco Bernardi per la drammaturgia. Al linguaggio della narrazione cromatica, ai suoni di David Tomat così simili ai lamenti di una natura violata, al coro, testimone impotente, incapace di raggiungere un’agognata catarsi, ha affidato il compito di farsi racconto di ampio respiro, utilizzando codici di lettura alternativi alla parola, plasmando lo spazio teatrale in luogo di nuove indagini e di «altre tendenze».

Cinquanta minuti per delineare una scelta artistica che ha indubbiamente messo in luce le capacità e le intuizioni  non solo di pensiero ma anche di messa in opera di un lavoro che sottolinea la coesione di un gruppo preparato e professionale. Di convincente effetto il drammatico tracciato del sismografo ad indicare la potenza devastante della colata di fango ed il vento che collega la tragedia di allora alla recente tempesta Vaia.  

In un contesto positivo di insieme è risultata però didattica la scelta di indicare in sovraimpressione la storia legata alla tragedia di Stava. Senza nulla togliere al suo valore intrinseco, l’allestimento ha adottato la formula del documentario, distaccandosi da quell’insieme di linguaggi altri che lo caratterizzavano, depauperandolo di parte della sua tensione anche emozionale. Il coro Ensemble Vocale Continuum diretto dal maestro Luigi Azzolini, ha ancora una volta confermato la qualità di esecuzione in tre interventi musicali, diversi fra loro, ma di forte e significativo impatto a partire dal canto popolare «Ndormenzete popin» ad «Again after ecclesiastes» di Lang e «Lux Aeterna» di Ligeti interpretata con il giusto e commovente pathos attorno all’albero caduto, mentre in sovraimpressione scorrono i sette, tragici, indimenticabili minuti.

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