L'elettropop di Cosmo stasera a Rovereto

di Fabio De Santi

Dopo aver attraversato l'Italia in tour avere scandito con la sua musica l'estate scorsa Cosmo ha deciso in questo ultimo scorcio di 2016 di presentarsi nella dimensione dei club con uno show rinnovato nella forma e nella sostanza, pensato per i locali al chiuso e tutto da ballare.

Al centro del live «L'ultima festa» , il suo secondo cd, considerato come uno degli album italiani più importanti dell'anno se si parla di pop tricolore. 
La missione di Cosmo, al secolo Marco Bianchi, che questa sera, giovedì, alle 21 , è in concerto allo SmartLab di Rovereto nell'evento organizzato dai ragazzi dello Smart insieme a Sideout, è semplice: unire melodie killer, testi intelligenti e attitudine spiccatamente pop con i suoni e le strutture tipiche della musica elettronica da club.
Cosmo, come definiresti il tuo sound?
«La mia musica è un misto tra la canzone italiana e suoni molto più moderni, un pop che si intreccia con dance. Potrei anche definirla la musica italiana del futuro anche se trovo difficile dare delle etichette ad un suono che comunque vuole essere pop».
Quali sono le tue radici allora?
«Quando ho cominciato a suonare guardavo a Lucio Battisti e a Franco Battiato ma poi ho cercato di smarcarmi da ogni possibile influenza cercando di trovare il mio stile. Oggi, come dicevo, guardo al pop ma anche al rap per quanto riguarda il mio immaginario».
Fra il tuo primo disco «Disordine» targato 2013 e il tuo ultimo lavoro hai fatto passare tre anni... una bella decantazione musicale.
«Dopo l'uscita del mio primo cd sono diventato papà per la prima volta. Poi ho fatto un lungo tour con il gruppo con cui ho iniziato a suonare, i Drink to Me, e nello stesso tempo ho curato produzioni di dischi di altri musicisti. 
In quel periodo ero anche un po' deluso, nonostante gli apprezzamenti ricevuti, di come era stato accolto il primo disco e quindi titubante sul da farsi. Poi ho ritrovato la carica giusta mi sono risvegliato in concomitanza anche con la nascita del mio secondo bambino e ha preso forma il secondo disco».
Cosa racconta la tua «L'ultima festa»?
«Più che un vero e proprio filo conduttore ci sono una serie di temi legati a me, attraverso una serie di testi e parole che ho voluto fossero i più diretti possibile.
So che tendo ad essere un pochino cerebrale ma qui ho provato ad esserlo appunto in maniere più diretta possibile. Se vuoi è un po' un paradosso essere cerebrali e cervellotici ma nello stesso tempo cercare di mantenere un linguaggio molto semplice. 
Nei testi di queste canzoni ci sono le mie riflessioni sulla vita con un sentimento positivo verso la vita ma non per questo ingenuo e illuso. 
La mia, a pensarci, è una sorta di serena disperazione, di una felicità che non è mai stupida».
Ti identifichi nella parola cantautore?
«Questo termine mi fa venire un po' di orticaria perché io fondamentalmente, pur rispettando chi si definisce tale, mi voglio smarcare dai limiti del cantautorato, i limiti dell'impegno, dell'essere a volte troppo intellettuali, del non riuscire ad arrivare a più persone possibili. Io invece voglio essere un artista pop anche se per quelli che sono gli standard del pop mainstream testi come i miei possono sembrare, e magari lo sono, quelli di un cantautore».
Che live sarà quello di Rovereto?
«L'ho definito quasi un dj set perché i pezzi sono tutti attaccati uno all'altro, si fondono, con la cassa dritta che domina e la velocità dei battiti al minuto, bpm, cresce in maniera costante dall'inizio del concerto fino alla fine. 
Man mano quindi il sound è sempre più trascinante e delirante».
Quindi vuoi far ballare?
«Certo, all'inizio del tour il pubblico non capiva che era quello l'obiettivo di questo live poi molti sono entrati nel mood di uno show che vuole far muovere la gente».

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