Leonardi, grido di terra e polvere

di Fabio De Santi

TRENTO - Ha le forme di Aura l'ultima produzione discografica del musicista trentino Stefano Leonardi. Si tratta di un lavoro in quintetto (italo-svizzero, la ritmica infatti è di Zurigo), pubblicato per la storica etichetta britannica Leo Records per la quale erano già usciti i suoi lavori «Conversations About Thomas Chapin» del 2013 e «l'Eterno» del 2018.

Registrato a Riva del Garda (Metrò Rec) da Marco Sirio Pivetti e masterizzato a Vienna da Christoph Stickel il cd vede al fianco di Leonardi,  che si muove fra flauto, ottavino, dilli kaval (flauto turco), bass xun (flauto globulare cinese in argilla), parti di launeddas e sulitdu (flauto sardo in legno), anche Marco Colonna, Antonio Bertoni, Fridolin Blumer, Heinz Geisser: percussioni. «Aura», con una copertina realizzata da Massimiliano Amati (alias Re delle Aringhe), è composto da una serie di libere improvvisazioni. «È una ricerca - racconta Leonardi - non tanto o solo su sonorità futuristiche, ma soprattutto un tentativo di evocare suoni arcaici, primitivi, un grido di terra e polvere».

Un album (caleidoscopio sonoro, qualcuno lo ha definito) piuttosto occidentalizzato, nonostante certi suoni primordiali e quasi alieni lo collochino in anfratti extraeuropei. «Una visione sonora identitaria - prosegue il musicista - che unisce con disinvoltura elementi e musica di altre culture e instant composition. Parlerei finalmente di un sound più globale che agisce ad un livello profondo e legato alle nostre radici mediterranee». «L'Aura (e i suoi colori) - risponde Leonardi - documentano una session di improvvisazione; non amo molto questo termine che ha al suo interno troppe implicazioni, parlerei più di composizione istantanea del nostro tempo, la musica è totalmente creata all'istante e si fonda perciò su rapporti di relazione libera tra i musicisti. Qualcuno potrebbe sentirsi proiettato in una dimensione astrale, cosmica; dimensioni esoteriche che personalmente non mi interessano molto. Fa comunque piacere che la nostra musica crei un varco, che sconvolga in qualche maniera. Ritengo che il creare e l'ascoltare questo tipo di musica e di messaggi sia ugualmente impegnativo e darsi una direzione, veicolare la musica non è cosa facile.

Molto dipende anche dalla predisposizione di chi ascolta, dalla disponibilità di mettersi in gioco, libertà in musica e libertà di ascolto sono l'opposto di "comodità"».

Classe 1978 Stefano Leonardi utilizza oltre ai flauti tradizionali anche strumenti provenienti da altre culture (xun, kaval, sulittu, launeddas) e da sempre è attratto dalla ricerca sul suono e sulle sue relazioni con lo spazio, la memoria e il tempo. Ha pubblicato album con differenti formazioni legando il suo nome anche a formazioni come Flut3ibe e Villa Lagarina Big Band.

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