Renga in dicembre a Trento «Sarà un live "teatrale" in una dimensione raccolta»

di Fabio De Santi

Da fine ottobre il nuovo singolo di Francesco Renga, Normale, realizzato con la collaborazione di Ermal Meta sta spopolando nelle airplay radiofoniche facendo da volano anche al suo fortunato tour teatrale. Fra le tappe anche quella del 6 dicembre all’Auditorium di Trento dove il musicista bresciano proporrà il suo ultimo album L’altra metà e i suoi più grandi successi. Accompagnato dalla sua band, di cui fa parte anche il batterista altoatesino Phil Mer, Francesco Renga, come ci racconta in questa intervista vuole creare un’atmosfera intima con il pubblico.

Renga, iniziamo dal nuovo singolo «Normale»: come è nata questa featuring di Ermal Meta?

«La scorsa estate sono andato a trovare Ermal nello studio nel quale avevamo scritto alcune delle più belle e fortunate canzoni del mio repertorio. Tutti e due abbiamo fatto una lunga gavetta, guadagnandoci tutto con passione, sudore e sacrifici. Ad un certo punto Ermal mi fa ascoltare una canzone che parla di quella normalità di cui tutti e due ci sentiamo parte, che ci rende orgogliosi e consapevoli della fortuna che abbiamo. Quella normalità che entrambi proteggiamo e cerchiamo di non perdere mai».

Merce rara oggi anche nel mondo della musica.

«Sì, quella normalità che oggi sembra quasi un difetto, in un mondo in cui tutti sognano di essere qualcosa di più. Ci abbiamo lavorato insieme un po’, finché poi quella normalità abbiamo deciso di cantarla al nostro pubblico».

Soddisfatto di come è stato accolto «L’altra metà»?

«Molto. Questo è un progetto importante per me, per molti versi mi appartiene più di altri dischi, e quindi sono molto felice di come stia andando e di come è stato accolto dai miei fan».

Cosa racchiude questo titolo?

«Annuncia la voglia di aprire una nuova fase, più serena a matura, un nuovo punto di partenza dovuto alla mia voglia di mettermi in discussione. Mi piace definirlo uno “spartiacque” perché credo che ci sia proprio un “prima” e un “dopo” rispetto a questo disco. Ero alla ricerca di un linguaggio nuovo, che fosse rispettoso del mio passato ma allo stesso tempo contemporaneo, e l’ho messo perfettamente a fuoco nei brani de «L’altra metà». Realizzare questo album è stato faticoso e difficile ma appassionante. È un lavoro che sento molto mio, non rinnega quello che sono stato ma mi proietta nel futuro».

Che forme ha il live?

«Porto in scena un vero e proprio spettacolo: dalla scenografia (pensata in maniera coerente con il disco), alla scaletta, ai vari momenti che si susseguono durante il concerto. Suono con la band che mi accompagna da tanto, sono compagni di viaggio da molto tempo, qualcuno proprio dall’inizio. È anche grazie a loro che il live ha un quid in più».

Cosa le piace maggiormente della dimensione teatrale?

«Non frequentavo i teatri da tanto tempo. Avevo voglia di tornare ad una dimensione più intima più bella, per ritrovare il contatto non solo visivo ma anche fisico con la gente. Era un desiderio non solo del mio pubblico, ma anche mio. Abbiamo un rapporto molto intimo. Volevo abbracciarli e ritrovarli tutti. Avevo voglia di tornare a guardarli negli occhi. Durante il live ci sei tu con la tua gente, la musica prende una forma fisica, tangibile».

Come s’interfaccia con i social?

«Il mio rapporto con i fan è un rapporto molto privato, intimo. Adesso attraverso i social, anche se sembra un ossimoro, lo è ancora di più. Riesco a condividere con loro quello che faccio durante le giornate, il mio stile di vita. E questo intendo quando parlo di rapporto privato e diretto con tutto il mio pubblico. Loro mi conoscono».

A chi sogna ancora una reunion dei Timoria cosa risponde?

«Che i Timoria rappresentano un periodo meraviglioso della mia vita. I dischi, le canzoni, la musica di quegli anni sono le istantanee delle mia giovinezza, artistica, creativa e non solo. Siamo in ottimi rapporti ma è davvero difficile pensare ad una reunion. Le nostre strade sono abbastanza diverse al giorno d’oggi».

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