Dovgan è giovane ma strabiliante

di Daniele Valersi

La giovanissima Alexandra Dovgan (nella foto di Stefano Brosa) si presentava l’altra sera nella chiesa di S. Bernardo a Rabbi con la statura di una grande interprete, preceduta dalla fama delle sue performance di quest’anno (in Russia, in Europa e in Italia, inoltre Grigory Sokolov l’ha voluta per introdurre il suo recital al Royal Concertgebouw di Amsterdam) nonché dalle numerose affermazioni degli anni precedenti.

Chi si aspettasse qualche tratto naif, anche solo nel presentarsi ne rimarrebbe deluso: con la professionalità di un pianista in carriera si muove con meditata compostezza e inizia la performance dopo qualche secondo di raccoglimento: la tensione si scioglie poi in stupore, ascoltando un’interpretazione strabiliante per precisione, ricchezza di risorse espressive, sicurezza ineguagliabile nel fraseggio, qualità e densità del suono. Il programma esaltava molteplici e differenti aspetti dell’arte pianistica: le Sonate di Scarlatti avevano la funzione di introduzione, quindi il Beethoven classico della Sonata n. 10 (op. 14 n. 2), esaltazione della polifonia con la complessa trascrizione di Rachmaninov della Partita n. 3 per violino di Bach, trasparenze raffinate con la Romanza n. 3 op. 38 di Rachmaninov. Il virtuosismo estremizzato dello Studio n. 6 op. 72 di Moszkowski, trascritto da Arcadi Volodos: questa la prima parte, un caleidoscopio di linguaggi, idee, poetiche dissimili.

Nella seconda emergeva un’impensabile maestria interpretativa con Chopin (Fantasia-Improvviso op. post. 66 e quattro Valzer) e con Children’s Corner di Debussy, tra i brani favoriti di Arturo Benedetti Michelangeli e proposto in suo onore per la rassegna a lui dedicata. Perfettamente d’accordo con Sokolov nel rifiutare per lei la definizione di «bambina-prodigio»: non c’è nulla di infantile nella sua conduzione, con i suoi pochi anni e la sua complessione esile Alexandra ha già la stoffa di una pianista completa, e tra le più grandi.

Tre i brani fuori programma, corrisposti poi da una «standing ovation»: Mazurca op. 60 n. 2 di Chopin, uno Studio di Sibelius e Jesu meine Freude di Bach.

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