Galeffi: stella della prima notte del Poplar Festival stasera a Trento

di Fabio De Santi

Galeffi è uno dei cantautori più chiacchierati del momento. Attivo sulla scena musicale romana da meno di un anno si nutre di calcio, cinema e Beatles e dopo aver iniziato scrivendo canzoni in inglese ha deciso di tuffarsi sulla lingua italiana prendendoci gusto. Proprio Marco Galeffi, in tour con i brani del suo esordio discografico "Scudetto", sarà fra i protagonisti più attesi del Poplar Festival con il live che chiuderà la serata di oggi mercoledì 26 settembre al parco delle Albere. In questa intervista il musicista capitolino ci racconta il suo mondo fra pop, amore e pallone.

Marco, neanche il tempo di incidere il tuo primo cd che il tuo nome aveva già conquistato il web: un segno dei tempi? "Oggi capita a molti musicisti di farsi conoscere attraverso un singolo e come dicevi attraverso il tam tam su Internet. Non ci ho fatto molto caso anche se sono finito in un vortice di interviste e messaggi dei fan che ti contattano. Io ho provato ad estraniarmi da ogni clamore anche per scaramanzia. Mi auto convincevo che in fondo non stava succedendo niente"

Quanto ha influito tutto questo sul tuo debutto discografico? "Quando il mio nome ha incominciato a circolare sostanzialmente il disco era quasi pronto e quindi non ci sono state ricadute. Questa pensandoci è stata anche una fortuna perché non ho avuto nessuna pressione o ansia da debutto".

Cosa racchiude allora l'immaginario di "Scudetto"? "Anche se la tracklist del cd non segue la narrazione in una maniera cronologica in questo lavoro racconto la fine di una relazione e il momento di solitudine in cui devi mettere a posto il tuo cuore e il tuo cervello per riprendere a vivere e prepararti quindi all'approccio ad un possibile nuovo rapporto. Sono storie d'amore di un venticinquenne nell'Italia di oggi".

Ti piace la parola cantautore per definirti? "Un pochetto la parola cantautore mi pesa. Mi sembra un termine troppo serio. Diciamo che mi sento come se fossi vicino ad un laurea triennale e mi manca ancora molto per arrivare a quella Magistrale. Mettiamola così: per il momento sono solo un ragazzetto che ha azzeccato tutte le canzoni".

Ho letto che sei un grande fan dei Beatles e immagino del pop inglese ma hai scelto di cantare in italiano: come mai? "Amo la musica britannica ed ho iniziato a suonare e cantare pezzi in inglese influenzato da quello che ascoltavo. Poi mi sono stufato di rifugiarmi nelle sonorità più comode legate all'inglese che suona sicuramente meglio dell'italiano. Per me è stata una sfida ma sono felice di aver scelto questa direzione". Quindi ami giocare con le parole. "In molte recensioni hanno definito il mio pop con l'aggettivo di surrealista ma al di là di questo accostamento gustoso mi diverto a cercare la parola giusta, la più adatta a raccontarmi in musica".

Quali forme avrà il live che proporrai a Trento? "In questo tour di presentazione del disco sono accompagnato da altri quattro musicisti. Rispetto al cd il sound è più cafone, diretto e meno morbido, sul palco siamo più coatti e sprigioniamo la nostra anima rock'n'roll". Ti senti parte di una nuova scuola romana sul fronte della musica d'autore? "E' curioso che negli ultimi anni tantissimi nuovi musicisti siano romani. Ma non è poi così strano perché l'ultima grande ondata del cantautorato italiano è nata qui con Tiromancino, Silvestri, Fabi e Gazzè senza pensare a quella precedente fra Venditti e De Gregori. A Roma abbiamo tanti problemi, abbiamo una città scorbutica e disordinata e probabilmente da questo caos esce anche una voglia maggiore di fare musica e di raccontarsi con le canzoni".

Come sta il tuo cuore giallorosso? "Malissimo, stiamo vivendo un momento delicato. Domenica ero disperato dopo una nuova sconfitta quindi - glissa scherzosamente Galeffi - oggi preferisco parlare solo di musica".

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