Julie’s Haircut: a Sanbapolis sonorità da film

di Fabio De Santi

Saranno i Julie’s Haircut, fra le band più longeve della scena indipendente italiana, i protagonisti del quinto appuntamento di Transiti – Musiche in movimento per una serata all’insegna dell’interazione fra musica e cinema che si terrà domani al Teatro SanbàPolis (ore 21).
I Julie’s Haircut proporranno, in prima nazionale, la sonorizzazione dal vivo di un classico del cinema muto, The Last Command di Josef von Sternberg, per un evento realizzato in collaborazione con il Museo nazionale del cinema di Torino. Ne abbiamo parlato con Luca Giovanardi, chitarrista della band emiliana, in questa intervista.

Da dove la scelta di sonorizzare un classico del cinema muto come «The Last Command»?

«La cosa ci è stata proposta da Alberto Campo per il Museo nazionale del cinema di Torino e per la rassegna Transiti di Trento. Il progetto ci ha incuriositi subito e abbiamo accettato».

Qual è l’aspetto che vi ha incuriosito maggiormente di questa pellicola?

«Il soggetto in sé, che pare nascere da un’idea del geniale Ernst Lubitsch, è davvero curioso. Un regista russo, ex militante bolscevico trapiantato ad Hollywood, durante un casting riconosce un vecchio generale zarista che lo aveva vessato durante la Rivoluzione e lo sceglie per interpretare il ruolo di un militare in un film sulla rivoluzione stessa. Emil Jennings vinse il primo Oscar della storia come migliore attore protagonista per questo film».

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Che colonna sonora ne è uscita?

«Abbiamo cercato di rimanere fedeli alle nostre abituali sonorità, ma nello stesso tempo abbiamo tenuto ben chiaro a mente in ogni momento che si trattava di musiche che dovevano accompagnare la visione del film e non essere consumate a sè stanti. In generale abbiamo avuto un approccio un po’ meno rock e più “orchestrale” nell’arrangiare le musiche, anche se la nostra rimane comunque una piccola orchestra psichedelica, fatta principalmente di chitarre elettriche e sintetizzatori».

Quale è stata la difficoltà maggiore nel legare i vostri suoni alle immagini?

«Si tratta di un film tradizionalmente narrativo, con un impianto drammaturgico ben preciso. Sarebbe stato molto più semplice per noi doverci misurare con un film visionario, astratto. Mentre qui si tratta di accompagnare un racconto. Si deve fare attenzione a non spostare l’attenzione dallo schermo verso la musica, soprattutto per il pubblico odierno, che non è abituato al cinema muto. Inoltre, al contrario del cinema sonoro, nel cinema muto la musica è onnipresente, per cui se il film dura quasi un’ora e mezza si deve scrivere un’ora e mezza di nuova musica. Abbiamo cercato alcune sincronizzazioni, richiamando qua e là, ma senza esagerare, il classico effetto di “mickeymousing” (quando la musica sottolinea con onomatopee) tipico del cinema muto. Ma il connubio tra il film e le nostre musiche vive forse più di contrasti che di aderenze».

Come definireste, ad oltre un anno dall’uscita, il vostro ultimo cd «Invocation And Ritual Dance Of My Demon Twin»?

«È un album che ci ha dato molte soddisfazioni. Anche commercialmente, visto che mentre vi rispondo risulta essere esaurito in tutti i suoi formati fisici. Soprattutto è il nostro album che ci ha dato più visibilità al di fuori dei confini italiani».

A cosa state lavorando ora?

«Al momento siamo ancora in full immersion con le musiche di questo film e subito dopo le proiezioni andremo in studio per registrarle. Una volta archiviato questo progetto potremo dedicarci a noi stessi: l’idea sarebbe di fare presto un nuovo album, ma arrivano sempre tante proposte interessanti che ci distraggono. Noi siamo sempre molto curiosi, per cui risulta difficile non farci tentare da certe sfide come quella di “The Last Command” appunto»..

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