Grande jazz a Rovereto con il James Taylor Quartet

di Fabio De Santi

«In questo live suoneremo sia pezzi nuovi che altri legati alla nostra storia, il tutto con una forma strumentale Hammond style». Così James Taylor ha delineato ai lettori dell’Adige i contorni del suo live di giovedì sera, alle 21, al Melotti di Rovereto per la rassegna Jazz’About.

Con la sua miscela di funk, soul, jazz e colonne sonore di spy movie, il James Taylor Quartet è diventato un vero e proprio riferimento per quel movimento battezzato nell’ultimo decennio del secolo scorso con il termine di acid jazz. Una leggenda lunga ormai trent’anni quella del James Taylor Quartet: cominciò con la colonna sonora di «Blow U» di Antonioni, il cui tema portante era firmato da Herbie Hancock, e continuò reinterpretando i momenti più riconoscibili di altre colonne sonore iconiche («Alfie», «Mrs. Robinson» di Simon & Garfunkel, «Goldfinger»…).

Da lì in avanti un successo esponenziale: non più solo cover ma anche proprie composizioni, sviluppate con classe ed incisività, più soprattutto una fama di live band strepitosa, dove il funk-soul diventa un alfabeto duro, spigoloso, acrobatico, ma anche incredibilmente comunicativo, coinvolgente e cinematico. A questo va aggiunto che il James Taylor Quartet è una delle band che ha definito il genere acid jazz, ed il suo leader, James Taylor, nel corso degli anni, ha collezionato le più svariate partecipazioni ai dischi di artisti del calibro di U2, Pogues, Manic Street Preachers, fino ad arrivare agli ultimi lavori di Tom Jones e Tina Turner.  

Proprio sul termine acid jazz il musicista inglese ci ha raccontato: «Il termine acid jazz è parte di un’era, per lo più degli anni ’90, ma noi suoniamo da trent’anni anche stili abbastanza differenti. Quindi posso dire che l’acid jazz fa parte ed è stato parte del mio percorso artistico ma, al di là degli stili, quello che oggi mi preme dire come compositore, musicista e leader di una band, è che la dimensione live è la cosa che mi cattura ed interessa maggiormente».

Ricostruendo la storia del gruppo, questa prende l’avvio dall’album di debutto «Mission Impossible», una raccolta di cover in versione funk di sigle di film degli anni sessanta, come ad esempio Alfie e altre. Il secondo album, «The Money Spyder», era la colonna sonora di un film di spionaggio immaginario, che già delineava lo stile distintivo delle composizioni di James Taylor.

Al tempo stesso cresce la reputazione delle performance live del gruppo, basate su sonorità funky con spazio per gli assoli e coinvolgimento del pubblico. Tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta, la reputazione del gruppo cresce grazie alla rivisitazione in chiave «hammondistica» di The Theme from Starsky and Hutch (la sigla dell’omonimo telefilm, originariamente composta da Lalo Schifrin e successivamente riarrangiata da Tom Scott).

Agli inizi degli anni novanta il gruppo cambia direzione, componendo qualche album soul con cantanti come Rose Windross dei Soul II Soul, Alison Limerick e Noel McKoy. Il singolo «Love The Life» ebbe anche un discreto successo, ma il richiamo dell’acid jazz con le tipiche sonorità dell’organo Hammond fecero sfornare a James Taylor l’album In The Hand Of The Inevitable, uno dei più venduti e apprezzati del gruppo.

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