«Geografie del corpo e del paesaggio»: a Borgo la mostra dedicata a Riccardo Schweizer

di Manuela Pellanda

Verrà inaugurata sabato alle 11 allo Spazio Kien, Geografie del corpo e del paesaggio , mostra dedicata all'artista trentino Riccardo Schweizer (Mezzano, 31 agosto 1925 – Casez, 20 settembre 2004), visitabile fino al 5 gennaio 2020.
Un percorso espositivo, a cura di Maurizio Scudiero , articolato in diverse sedi: il fulcro sarà allo Spazio Klien (piano terra del Municipio, piazza Degasperi), mentre altre opere sono ospitate presso Palazzo Ceschi (piazza Ceschi, 1), il Montura store (corso Ausugum, 48), gli Spazi Livio Rossi (corso Ausugum, 55-57) e la Cappella dell'Ospedale San Lorenzo, dove è esposta la grande pala di San Lorenzo in gloria.

Una tela di grandi dimensioni, a cui è collegato un aneddoto, che è lo stesso Schweizer a ricordare in un'intervista: «Quando nel ‘45 dipinsi il San Lorenzo per la Cappella dell'Ospedale di Borgo Valsugana, dipinto di circa 2,20 metri d'altezza, giunsi [alla Cappella] con il quadro sulla schiena, legato da spaghi, mentre nevicava e, sul colore fresco si incollavano gli aghetti dei larici. Il parroco, don Dematté, che mi prestò una stanza in canonica per finire il dipinto, lavorò giorni per togliere con un ago i profumati aghetti. A suo avviso ciò gli dava diritto a coinvolgersi nella realizzazione dell'opera per cui, mentre lavoravo, magari entrava di soppiatto e provava a propinarmi le virtù di San Lorenzo che, secondo lui, non apparivano molto nell'opera. Un giorno stavo suonando il violino per distogliermi dal quadro che non mi lasciava finire. Il parroco entrò e disse la sua: io presi il violino e, visto che non mi pareva di avere il diritto di scagliarlo contro chi mi metteva gentilmente a disposizione uno studio, lo scagliai contro il quadro con la speranza di romperlo e dimostrargli quanto era nociva la sua presenza. Il dipinto non si strappò, per fortuna. La tela che mi era stata tessuta apposta da una donna del paese era molto resistente. Il parroco comunque non lo vidi più e lavorai in pace fino alla fine dell'opera».

Un viaggio a tappe, quello che prenderà vita a Borgo Valsugana, «composto di vari media – ha spiegato Maurizio Scudiero – dai disegni dinamici e "sanguigni", dove l'irruenza dell'artista si percepisce con forza nel segno deciso, alle tecniche miste, ai veri e propri dipinti, alcuni fortemente gestuali ed espressionisti, altri più modellati e meditati».
Al centro del percorso, due grandi temi: la donna e il paesaggio, spesso intrecciati tra loro. «Ho sempre visto la donna – ha rivelato a questo proposito Schweizer – come elemento importante della vita, e spesso la facevo diventare "paesaggio", cioè le nuvole divengono donne, le donne case, le case sono abitabili. Praticamente la donna è il nostro involucro, la nostra casa».
Sullo sfondo Mezzano, il paese di origine nella Valle del Primiero, la Costa Azzurra e la Provenza, «un mondo molto importante – ha raccontato l'artista a proposito di quest'ultima – perché l'ho vissuta profondamente, e da maturo, con il dolore, fuggendo dal paese natìo. E quindi andare in Provenza, per me, è stato esattamente come per un pittore del Rinascimento andare a Firenze […]. Sono stato, a tappe alterne, per molti anni vicino a Picasso, a Chagall, a Cocteau, a Léger, a Matisse, praticamente a tutti i grandi, non solo pittori ma anche i filosofi ed i letterati». Un luogo fondamentale, dunque, carico di esperienze e di incontri, possibili dopo essersi lasciato alle spalle Venezia e l'Italia «in un momento – sottolinea il curatore della mostra – che poteva già dirsi fortunato per lo spazio che era riuscito a ritagliarsi nella città lagunare, e soprattutto per il credito che si era costruito da solo, con le sue forze, con il suo impegno». Una scelta che fu drastica, ed anche lacerante. «Le maggiori autorità scolastiche ad indirizzo artistico – continua Scudiero – lo ritenevano una sicura promessa e se lo contendevano. Ma Schweizer aveva "visto e scoperto" Picasso, ed aveva deciso di conoscerlo. Doveva perciò "correre" nel sud della Francia, in Provenza, appunto da Picasso: la leggenda narra che fece il percorso con una bicicletta sgangherata. Ed era il 1950!».

La mostra, fortemente voluta dall'Amministrazione comunale di Borgo Valsugana e dalla Comunità di Valle, è realizzata grazie all'interessamento di Luciano Zeni, alla disponibilità di collezionisti privati e al contributo della Cassa Rurale Valsugana e Tesino e di altri sponsor.

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